I gioielli dell’identità cesenate Teatro ‘Bonci’ e Malatestiana, eventi tra pubblico e privato

Sono i due poli della visita di Mattarella: il teatro cittadino è uno splendido esempio di stile neoclassico, la biblioteca civica è registrata dall’Unesco come ’Memoire du monde’.

I gioielli dell’identità cesenate  Teatro ‘Bonci’ e Malatestiana,  eventi tra pubblico e privato

I gioielli dell’identità cesenate Teatro ‘Bonci’ e Malatestiana, eventi tra pubblico e privato

Nella sua visita cesenate il Presidente della Repubblica avrà modo di ammirare due gioielli del patrimonio culturale, storico e architettonico di Cesena. Gli appuntamenti istituzionali e privati si dipaneranno infatti tra i due poli del Teatro ‘Bonci’ e della Biblioteca Malatestiana, dove Mattarella visiterà l’Aula del Nuti, la parte più antica e suggestiva che ospita i manoscritti più preziosi. Una visita fuori dall’ufficialità fortemente desiderata dal Capo dello Stato.

Il Teatro comunale ‘Alessandro Bonci’ è l’erede della ricca tradizione cesenate dello spettacolo che risale al Rinascimento. Edificato tra 1843 e 1846 sul sito dell’antico teatro nobiliare di palazzo Spada, il ‘Bonci’ si presenta nella forma esemplare del teatro all’italiana, coniugando armonicamente la mirabile funzionalità dell’organizzazione interna degli spazi e il sobrio decoro della facciata in perfetto stile neoclassico. Lo stile neoclassico adottato in tutta la costruzione emerge soprattutto nella facciata dalle rigorose proporzioni: ad un lungo portico inferiore parallelo all’ antistante Via Emilia, sono sovrapposte una balconata, divisa in sette parti da semicolonne ioniche, e un timpano triangolare con lo stemma del comune e ai lati le figure dei fiumi Savio e Rubicone. L’ aspetto decorativo della facciata è completato dai bassorilievi del bolognese gaetano Bernasconi che raffigurano, accanto all’Apollo centrale, le muse (Talia, Melpomene, Clio, Caliope, Polimnia e Tersicore) e alcune divinità (Bacco, Ercole e Venere). L’ interno è arricchito dalle decorazioni del ferrarese Franceso Migliari: le balconate e gli interni dei palchi sono trattate a stucco lucido con raffaellesche dorate; il soffitto, di grande effetto, è interamente affrescato e dipinto con disegni monocromi fra arabeschi e vi campeggiano quattro tondi raffiguranti le muse e alcuni riquadri con scene tragiche. Le modifiche apporatate all’ edificio dal 1846 ad oggi, anche se numerose, sono irrilevanti e hanno rispettato nella sostanza il progetto originale.

La Biblioteca Malatestiana – unica in Italia inserita dall’Unesco nel Registro della ‘Memoire du Monde’ – è un eccezionale esempio di biblioteca umanistica conventuale perfettamente conservata nell’edificio, negli arredi e nella dotazione libraria. Visitare la Malatestiana è come fare un viaggio nel tempo, in particolare all’interno dell’Aula del Nuti oggetto della visita di Mattarella nella parte propriamente più antica della biblioteca, sorta all’interno di un convento..

Prima biblioteca civica al mondo, fu creata dal signore cesenate Malatesta Novella nel 1450. Sul timpano del portale campeggia l’elefante, emblema dei Malatesti, con il motto ‘Elephas Indus culices non timet’ (‘L’elefante indiano non teme le zanzare’), mentre ai lati dell’architrave e sui capitelli delle lesene, sono raffigurati i simboli araldici della grata, delle tre teste e della scacchiera. La porta in legno scuro è opera di Cristoforo da San Giovanni in Persiceto e reca la data 15 agosto 1454. L’araldica dei Malatesti è riprodotta anche all’interno, sui capitelli delle colonne della sala e sui 58 plutei (29 per parte), gli imponenti banchi di legno di pino in cui si conservano i codici. La biblioteca ha una pianta a tre navate, tutte e tre con copertura a volte, a botte quella centrale, a crociera quelle laterali, un poco più larghe e basse. La luce, distribuendosi dalle finestrelle archiacute, due per campata, si ripartisce nelle navate laterali, mentre la navata centrale, scandita da venti eleganti colonne con capitelli a scudi e a foglie pendule, è illuminata longitudinalmente dal grande rosone di fondo. Da qui un suggestivo fascio di luce cade sulle epigrafi del pavimento, che rinnovano la memoria del donatore: “Mal(atesta) Nov(ellus) Pan(dulphi) fil(ius) Mal(atestae) nep(os) dedit” (“Malatesta Novello figlio di Pandolfo nipote di Malatesta diede”). Le note storiche del sito internet della Biblioteca Malatestiana spiegano che per dotare la sua libraria di un corredo di volumi adeguati e consoni al progetto di biblioteca che si prefiggeva, il signore di Cesena promosse uno scrittorio che, con attività organizzata e pianificata, produsse nell’arco di circa un ventennio oltre centoventi codici. I manoscritti commissionati o acquistati da Malatesta Novello (circa 150 esemplari) integrarono il preesistente fondo conventuale. Si aggiunsero alla raccolta i testi di medicina e di scienze, ma anche di letteratura e filosofia, donati dal riminese Giovanni di Marco, medico di Malatesta Novello e come lui appassionato collezionista di codici. Quattordici codici greci, acquistati molto probabilmente da Malatesta Novello a Costantinopoli, sette ebraici e altri donati al Novello, più qualche codice aggiunto nei secoli successivi completarono la raccolta, che ammonta a 343 manoscritti. Tra il XVI e il XVIII secolo furono collocati in Malatestiana 48 volumi a stampa contenenti opere di autori cesenati, tra i quali Iacopo Mazzoni, Scipione Chiaramonti e Giuseppe Verzaglia.

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