REDAZIONE ANCONA

"Beko, tagli che rischiano di desertificare la città"

La Fiom Cgil attacca il piano dell’azienda che solo a Fabriano potrebbe arrivare a 400 esuberi. La poltiica regionale si mobilita

Assemblea dei lavoratori Beko

Assemblea dei lavoratori Beko

"Il piano presentato dai vertici della Beko in ministero deve essere ritirato: è inammissibile illustrare nelle sedi istituzionali, le azioni con le quali, nei fatti, una multinazionale intende abbandonare l’Italia". Netta la presa di posizione della Fiom di Ancona. "L’assenza totale di investimenti nei processi produttivi, lo smantellamento di interi asset come il lavaggio e la refrigerazione, non possono e non devono in alcuna maniera trovare nessun punto di condivisione. Il territorio di Fabriano ne uscirebbe ulteriormente massacrato e, nella migliore delle ipotesi, con un ruolo assolutamente marginale nelle strategie di Beko. L’azzeramento di ricerca e sviluppo e delle altre funzioni impiegatizie, rischiano di generare un esubero pari alla chiusura di uno stabilimento produttivo (si supererebbero le 360 unità, ndr), oltre a una perdita di altissime competenze che hanno contribuito alla storia dell’elettrodomestico in Italia e che, invece, andrebbero preservate e sostenute con progetti".

Per la Fiom lo stabilimento di Melano "subirebbe comunque un forte ridimensionamento e diventerebbe una semplice succursale del polo del cooking che avrebbe il suo centro tra Milano e Cassinetta, quindi senza alcuna garanzia di sopravvivenza oltre l’immediato". "Se i produttori orientali sono arrivati al nostro livello di tecnologia – aggiungono - diventa fondamentale sostenere e puntare sulle competenze italiane, investendoci e non procedendo allo smantellamento di esse: non impiegheranno molto a raggiungerci dove oggi ancora non lo hanno fatto e a quel punto sarebbe la fine! Organizzare l’abbandono di due asset strategici, la chiusura di due stabilimenti, la soppressione del 50% della forza impiegatizia e il licenziamento di massa di oltre il 40% dei dipendenti, significa preparare l’abbandono dell’Italia, con ricadute impressionanti. Dichiarare 1.937 esuberi, significa presentare un piano di desertificazione industriale che va ritirato e ribaltato". Anche il presidente del consiglio regionale Dino Latini chiede al presidente Acquaroli e alla Giunta di poter "favorire una revisione del piano industriale dell’azienda e a individuare alternative per bloccare operazioni aziendali che sollevano inquietudini sul territorio". "Chiederò la convocazione di una seduta speciale della commissione sviluppo economico e lavoro – incalza il consigliere regionale Antonio Mastrovincenzo - per incontrare sindacati e amministratori locali e fare fronte comune rispetto a queste inaccettabili decisioni.

Sara Ferreri