
Medici durante operazione chirurgica (foto di repertorio)
Ancona, 15 febbraio 2017 - E’ stata una manovra errata durante l’operazione alle tonsille a uccidere la piccola Serena Furnari, la bimba di 5 anni morta il 18 febbraio 2012 per una grave emorragia alla gola, che l’ha soffocata nel sonno. E’ quanto hanno stabilito il professor Benedetto Vergari e il dottor Vittorio Emiliani, consulenti tecnici d’ufficio nominati dal giudice civile, nell’ambito di una causa intentata dai genitori della piccola contro gli Ospedali riuniti di Ancona. Sotto il profilo penale la vicenda giudiziaria si era chiusa nel settembre 2013 con l’archiviazione: secondo il consulente della Procura non c’era stata responsabilità medica dei due chirurghi che avevano operato Serena, il primo per una tonsillectomia, il secondo per fermare l’emorragia che ne era seguita.
I consulenti del tribunale civile, invece, hanno ribaltato lo scenario, attribuendo al primo chirurgo una serie di errori che potevano essere evitati. L’errore principale, secondo i periti, sarebbe stata la lesione dell’arteria linguale durante l’operazione alle tonsille, che si trovano in una regione differente rispetto all’arteria in questione.
«Il chirurgo – scrivono i due esperti – ha prodotto, con una inadeguata condotta tecnica, una lesione del ramo principale della arteria linguale e si è trovato di fronte a sanguinamento arterioso zampillante di difficile dominio». E ancora «l’evento avverso è da considerare ‘evitabile’ in quanto la procedura di tonsillectomia non prevede gesti chirurgici in prossimità della sua emergenza dalla carotide esterna, e il chirurgo ha agito in quella sede per errore».
Le conseguenze mortali dell’errore avvenuto durante l’intervento si sarebbero potute evitare, se i sanitari del Salesi, dove la bimba era ricoverata, avessero colto correttamente i segnali d’allarme. «L’abbassamento dei valori emoglobinici – si legge nella relazione – con la perdita di oltre quattro punti di emoglobina dal giorno 9 al giorno 10 febbraio, avrebbe potuto far sospettare una lesione di un tronco arterioso importante, e quindi indurre a praticare un’angiografia, la quale avrebbe messo gli operatori in condizione di riconoscere la lesione in tempo utile e di mettere in sicurezza la bambina attraverso la legatura della arteria linguale o della arteria carotide esterna». Nella condotta del primo chirurgo e della sua equipe è quindi ravvisata imperizia e imprudenza. Non ha invece alcuna incidenza sulla morte di Serena il secondo intervento, cui la piccola era stata sottoposta per fermare l’emorragia che le chiudeva la gola.
«Finalmente, dopo cinque anni, la verità sta venendo a galla!», commenta l’avvocato Marina Magistrelli, che aveva assistito i genitori di Serena Furnari nel procedimento penale e ora li rappresenta in sede civile, insieme all’avvocato Renato Cola. «Adesso, dopo una lunga istruttoria – aggiunge il legale anconetano – è tutto nelle mani di un giudice che deve decidere. Altro che morte imprevedibile...». Resta da capire se questa perizia possa far riaprire anche il procedimento penale.