
Antonio Tagliata, in carcere per l'omicidio dei genitori della fidanzata (Foto Emma)
Ancona, 5 luglio 2018 - Il racconto di Antonio Tagliata non è attendibile e quindi non può essere considerato una prova ai fini della ricostruzione del delitto di via Crivelli. Martina Giacconi non sarebbe stata l’ispiratrice, né l’istigatrice del delitto: Tagliata non è credibile nemmeno quando afferma che la ragazzina lo ha incitato gridando «Spara! Spara!». Nonostante questo la 18enne, figlia delle vittime, è colpevole di omicidio in concorso secondo i giudici della Corte di Cassazione, che nei giorni scorsi hanno pubblicato la motivazione della sentenza di condanna a 16 anni: a pesare è stato l’atteggiamento tenuto prima, durante e dopo il delitto.
Anche quando ha visto i genitori Fabio Giacconi e Roberta Pierini (FOTO) a terra, feriti a colpi di pistola, Martina non si è fermata per soccorrerli, non ha chiamato il 118, ma è scappata insieme al fidanzato, dopo averlo visto esplodere nove colpi contro la mamma e il papà. Non ha fatto nulla, scrivono i giudici, per impedire ad Antonio di puntare la Beretta contro i genitori e lo ha fatto salire in casa dopo che lui le aveva mostrato l’arma.
I familiari, però, non ci stanno e insieme agli avvocati Paolo Sfrappini e Augusto La Morgia, valutano il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sperando che l’organo giudicante di Strasburgo possa ribaltare il giudizio della Cassazione, che in Italia è definitivo. «Martina è innocente, è la terza vittima di Antonio Tagliata», hanno ripetuto i familiari, che sono rimasti sempre schierati dalla parte della 18enne.
Se davvero Antonio si è inventato tutto, se è stato lui l’autore materiale del delitto, se aveva pianificato l’omicidio senza dire nulla alla fidanzata, perché le pene inflitte ai due ragazzi sono tanto simili? E’ la domanda che continuano a porsi legali e parenti. Tra l’altro dopo essere stata processata per omicidio, Martina Giacconi ha dovuto affrontare un processo per porto abusivo di armi in concorso con il killer, che le è costato l’estate scorsa una condanna in primo grado a 10 mesi. Una sentenza che porta quasi a 17 anni la pena complessiva della giovane, contro i 20 inflitti ad Antonio Tagliata, che all’epoca dei fatti era già maggiorenne.
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La ragazzina, che il 7 novembre 2015, giorno del duplice omicidio, non aveva ancora compiuto 16 anni, riceve periodicamente la visita di zii, cugini e nonno. Potrebbe restare nel carcere per minorenni di Nisida, a Napoli, fino ai 25 anni, quando potrebbe contare sui primi benefici e uscire dal carcere.