
La Spina, 42 anni, sposata (con un collega) e madre di una figlia è la prima "pompiera" di Ancona "Conta la squadra, con gli uomini al lavoro mi trovo benissimo. E’ normale avere paura".
Guseppina Spina è la prima vigile del fuoco donna in servizio come operativa al comando di Ancona. Ha 42 anni, sposata, una figlia ed è originaria del capoluogo dorico. Quando si sente una sirena suonare e il mezzo dei vigili del fuoco arrivare c’è anche lei a bordo, in divisa e con l’elmetto. Riccioli biondi, occhi chiari. Ama il suo lavoro e stare in squadra con i colleghi. Entrare nei vigili del fuoco è stata una scommessa che ha voluto vincere quando qualcuno le ha detto ma dove vai quello è un ambiente maschile. Giuseppina è andata e nessuno la fermerà perché nei vigili del fuoco, come dice lei, "siamo una famiglia". Il Carlino ha avuto il piacere di intervistarla in occasione dell’8 marzo, festa delle donne e del valore che hanno, in ogni campo.
Giuseppina, quando ha deciso di entrare nei vigili del fuoco? "Quando ho fatto il servizio civile, avevo 26 anni, si chiamava ‘Vigilo anch’io’, ero in contatto con i vigili del fuoco, vedevo le loro partenze, mi sono appassionata così ho proseguito facendo prima il discontinuo che è un volontario poi nel 2010 ho fatto il concorso per entrare permanente".
Da quanto fa questo lavoro? "Come vigile del fuoco permanente da sette anni perché dopo il concorso sono entrata in graduatoria e mi hanno chiamata nel 2018. Dopo la chiamata ho dovuto fare un corso da allievo vigile del fuoco e nel 2019 sono entrata proprio in servizio, durante il Covid. I primi dieci mesi li ho fatti a Mantova poi sono tornata ad Ancona".
Cosa l’ha spinta ad entrare nei vigili del fuoco? "Aiutare il prossimo, è la cosa più bella che si può fare lavorando. Per me è un onore, è appagante rendersi utile, dare una mano a tutti. Mamma mi dice che da piccola ero fissata con Grisù, il drago pompiere, io questo però non lo ricordo".
Cosa è determinante per fare bene il suo mestiere? "La squadra. Quando si parte per un intervento siamo in cinque, c’è l’autista, il caposquadra e tre vigili. Conta questa unione. Si sta insieme 12 ore al giorno, ognuno ha la sua specializzazione, io ho quella Saf base (nucleo speleo-alpino-fluviale, ndr), il caposquadra sa sempre chi ha con lui. Poi conta la formazione e l’addestramento. Insieme ci si confronta".
E’ un lavoro pericoloso per una donna? "Il pericolo non fa distinzione tra uomo e donna".
Quali sono i rischi maggiori? "Non c’è un grado di rischi perché ad ogni uscita può accadere qualcosa che non ci aspettavamo, il nostro compito è ridurli al minimo per noi e per la gente e qui conta la formazione e l’addestramento. Ogni intervento è a sé e non viene affrontato mai nella stessa maniera. Come sicurezza noi abbiamo tutti i dispositivi protettivi necessari".
Com’è lavorare in un ambiente prevalentemente maschile? "Mi trovo benissimo, gli uomini sono più pratici, scherziamo e ridiamo poi quando si sale nel mezzo e si fa l’intervento c’è la massima serietà. C’è molto sostegno. Un collega mi dice spesso ‘tu dove non arrivi con la forza arrivi con la tigna’. Non c’è malizia. Mio marito è un collega".
Che valore aggiunto può portare una vigile del fuoco donna negli interventi? "Un punto di vista diverso. Dove ci sono interventi con bambini possono spaventarsi di meno se vedono una donna".
In famiglia come hanno visto questa sua scelta? "I miei genitori sono un po’ preoccupati ma mi vedono serena e contenta quindi sono felici. Mi hanno accompagnato anche a Roma a fare le prove per il concorso. Mio marito fa il mio stesso lavoro e mi capisce. Tutti mi appoggiano".
Ha mai avuto paura durante un intervento? "Certo, è normale ma non è un’emozione negativa perché ti aiuta a stare attenta al rischio. Poi ho le mie fobie, gli squali". Consiglierebbe a sua figlia di entrare nei vigili del fuoco? "Se lo vorrà fare non la ostacolerei, l’importate è che sia felice. Se qualcuno le dicesse non puoi farlo le direi di non crederci e di provarci sempre".