REDAZIONE ANCONA

"Io, medico in prima linea in mezzo ai combattimenti"

Germano Rocchi ha partecipato a due missioni come coordinatore dell’elisoccorso "Vedere le immagini di ciò che sta accadendo oggi mi commuove, bisogna aiutarli"

Le immagini dall’Afghanistan colpiscono e non possono lasciare indifferenti. Quanto sta accadendo dalla vigilia di ferragosto a oggi a Kabul è terribile e i ricordi di chi, sotto varie forme, ha operato nel Paese forse più travagliato del mondo nella storia dell’ultimo secolo sono vividi. Dopo aver sentito le reazioni di alcuni membri delle organizzazioni umanitarie che operano in Afghanistan e diversi cittadini di origine afghana, c’è il ricordo di un medico di Ancona, Germano Rocchi, coordinatore del sistema di elisoccorso del 118 nelle Marche. In passato due le missioni che il dottor Rocchi ha fatto in Afghanistan, la prima nel 2003 a Kabul e una seconda, molto più completa anche nella città occidentale di Herat che in questi anni di missione Isaf è stata sotto il controllo del contingente italiano: "Nel primo caso avevo seguito la missione che era esclusivamente sotto l’egida della Nato – spiega il dottor Rocchi – In quel caso mi sono occupato del rimpatrio del personale dell’esercito italiano, mentre nella seconda missione l’impegno è stato molto più completo. La seconda missione è del 2010 e in quell’occasione ho operato a Herat. Il mio compito era quello di coordinare il trasferimento dei feriti durante i combattimenti, ma anche del trasporto dei pazienti più gravi dalla provincia alla sede ospedaliera nella base statunitense di Bagram, la più importante in tutto l’Afghanistan. A Herat e nel territorio provinciale ho svolto anche il mio ruolo di medico. Nei remoti villaggi dell’area mi occupavo delle visite ai pazienti e non è stato facile anche per tutta una serie di motivazioni legate alla religione e ai costumi, ma leggevo nei loro occhi la volontà di aprirsi. Successivamente ho trascorso due settimane nel distretto del Gulistan e qui siamo nella prima linea dei combattimenti, dove, tra gli altri, hanno perso la vita anche quattro alpini al tempo. Ricordo le carovane con i blindati che scortavano le ambulanze per recarsi nei villaggi e curare i feriti. Ricordi indelebili". Adesso molti dei collaboratori, militari e non, rischiano la pelle per la loro collaborazione con gli occidentali: "Bisogna fare qualcosa per queste persone – è l’appello di Germano Rocchi – aiutarle a lasciare il Paese altrimenti sono spacciati. Ne ricordo alcuni che hanno davvero collaborato a stretto contatto coi Marines e che non possono non essere aiutati ad andarsene. Il mio pensiero va a loro, a queste persone, perché quando hanno deciso di aiutare la missione internazionale ci credevano a un Afghanistan diverso e adesso il ritorno dei Talebani rischia di rovesciare tutto di nuovo. Vedendo le immagini alla tv capita spesso di commuovermi".