
Un 55enne aveva postato su Storica Ancona i beni che possedeva: monete e documenti risalenti a prima della Rivoluzione francese.
Mostra su Facebook la sua collezione di monete in terracotta, anfore romane e documenti risalenti addirittura a prima della rivoluzione francese e rischia di finire a processo per ricettazione di beni culturali. Sotto accusa un 55enne di Chieti, residente a Falconara, difeso dall’avvocato Carmelino Proto. Il collezionista aveva postato sulla pagina Storica Ancona i beni che possedeva, quattro documenti che la Sovrintendenza Archivistica indicava come di presumibile interesse culturale. I carabinieri del nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, controllando i siti online, dedicati al commercio di beni di interesse culturale, aveva notato quel post con tanto di foto dove il 55enne li indicava come facenti parte della sua collezione. I militari avevano avviato una indagine, ad aprile del 2022, perché i reperti sembravano di natura archivistica. Per capire se il materiale era sottoposto al vincolo storico, e quindi più adatto ad un museo che ad una casa di un privato, avevano ottenuto anche una perquisizione in casa dell’abruzzese, effettuata a giugno del 2022. Nell’abitazione era stato trovato altro materiale tra cui anfore e monete in terracotta che avevano concrezioni marine risultate autentiche. Nel dettaglio erano stati dieci i documenti trovati, tutti con cornice, tra i quali uno indirizzato alla Congregazione di Carità di Corinaldo, datato 20 febbraio 1812, un altro di natura religiosa datato 1787, un altro datato 1763, uno del Comune di Camerano datato 1825 e uno della municipalità di Falconara indirizzato al sindaco di Montenovo datato 1815. Le monete in tutto erano 11 mentre i frammenti di anfore 13. Il 55enne ha dimostrato che era entrato in possesso molti anni prima dei documenti storici, per uno scambio con un altro collezionista che gli aveva detto di averli acquistati da un antiquario di Ancona mentre gli altri beni li aveva presi nei mercatini di cose vecchie senza sapere che fossero vincolati. Una giustificazione a cui il giudice Alberto Pallucchini ha creduto, rilevando anche la buona fede nel postare certi beni online, e nell’udienza preliminare affrontata dall’imputato si è pronunciato con un non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato. I beni sono stati però confiscati.
ma. ver.