REDAZIONE ANCONA

Scuola media Conero di Ancona

"Ciò che inferno non è" è il libro di Alessandro D’Avenia che racconta le vicende di ragazzi palermitani

Scuola media Conero di Ancona

"Inferno è quando le cose non si compiono. Inferno è ogni seme che non diventa rosa. Inferno è quando la rosa si convince che non profuma. Inferno è un passaggio a livello che si apre su un muro". "Ciò che inferno non è" un libro ricco di spunti, valori, concetti fondamentali, tali da trasportarti in quel mare di parole che danno voce ai bambini di Brancaccio, vittime della mafia, e a un prete, che, attraverso la sua fede, riesce a far trovare la luce in questo Inferno. L’autore è Alessandro D’Avenia, insegnante e sceneggiatore palermitano, il quale fu alunno di Padre Pino Puglisi e dalla cui figura venne influenzato al punto da dedicargli pagine intrise di bellezza.

La storia è ambientata a Palermo, nell’estate del 1993, e parla di Federico, uno studente modello del Liceo Classico Vittorio Emanuele II, che è curioso e pieno di domande, alle quali troverà risposta solo attraverso gli insegnamenti di Don Puglisi. Quest’ultimo gli fa scoprire, infatti, "un’altra Palermo", quella del quartiere di Brancaccio, di cui il giovane, di buona famiglia, ignorava l’esistenza, benché a pochi passi da casa sua. Federico apprende allora l’esistenza del Male e l’importanza di dare il proprio contributo per cambiare le cose, decidendo di aiutare Don pino con i bambini. Il sacerdote dedica loro la sua esistenza e lotta affinché a Brancaccio sia costruita una scuola media. Fra i ragazzi incontriamo Dario, personaggio di 10 anni, il quale, costretto dal "mostro" a mettere in vendita il proprio corpo, sogna di costruirsi ‘ali’, con cui volare via dal dolore che lo circonda. La vicenda di Dario è l’esempio di come la mafia ti accompagni nell’intraprendere una strada che per ‘un picciriddo’ è impensabile. Federico, a Brancaccio, mescolando la propria storia a quella di questi bambini, crescerà, e troverà anche l’amore.

La figura di Don Puglisi è l’esempio al quale ognuno di noi dovrebbe ispirarsi, per via della forza che lo contraddistingue, della fede, dell’amore che riesce a donare ai bambini e non solo, per un attimo di felicità e spensieratezza. Nel momento della sua morte egli riuscì a regalare un sorriso anche all’ultima persona che vide, il suo killer. Fino a tale evento la mafia non era mai arrivata a toccare la chiesa e i suoi membri. Il romanzo cerca di far immedesimare il lettore in tutte le emozioni che poteva provare chiunque affrontasse quella realtà. Inoltre onora chi ha avuto il coraggio, quello che forse in pochi avremmo avuto, di affrontare, anche con l’amore e mettendo in gioco la propria vita, Cosa Nostra.

Maria Ginevra Granarelli,

Maria Vittoria Pantanetti

e Margherita Polenti IIIC