
Flavio Insinna in scena
Una prostituta disordinata e ‘rumorosa’ e l’inquilino del piano di sotto, un intellettuale che vivacchia scrivendo per tv e cinema sognando di fare film d’arte. Sono i protagonisti di ‘Gente di facili costumi’, in scena da giovedì (ore 20.45; info 07152525, biglietteria@teatrodellemuse.org e www.vivaticket.com) a domenica al Teatro delle Muse di Ancona. Il celebre lavoro firmato da Nino Marino e Nino Manfredi nel 1988 rivive nell’allestimento diretto dal figlio del grande attore, Luca Manfredi. A interpretare i due personaggi sono Flavio Insinna e Giulia Fiume.
Insinna, un successo immediato il vostro... "Sì, ma diciamolo subito: non vogliamo certo paragonarci all’originale, che aveva come protagonista un mostro sacro come Nino Manfredi. I giornalisti mi chiedono di un possibile ‘confronto’. Ma se sei sano di mente non pensi a certe cose. La realtà e che due grandi come Manfredi e Nino Marino ci hanno dato in mano una Ferrari. Noi cerchiamo di guidarla meglio che possiamo".
Sente il peso della responsabilità? "Lo sento come per tutte le cose che faccio. Come mi diceva Gigi Proietti con il nostro lavoro non operiamo a cuore aperto, non salviamo il mondo. Ma quello dell’attore è un gioco serio. Non una cialtronata. Comunque sì, sento la responsabilità verso Nino Manfredi, e verso Luca, che aveva pensato a questo spettacolo per omaggiare il padre a cento anni dalla nascita. Il Covid non lo ha permesso. Ma ora siamo qua".
E pare che ci resterete a lungo, visti i consensi che state ricevendo. "Guardi, tutto è iniziato in modo strano. Praticamente un anno fa, il 4 e 5 gennaio, al Teatro Argentina di Roma abbiamo fatto due date, che non dovevano avere un seguito. Per noi era già un ‘regalo’ poter interpretare una commedia di Manfredi. Ma dal 6 gennaio in poi il produttore è stato assediato dalle telefonate: sempre più città chiedevano di ospitare lo spettacolo".
E lei come l’ha presa? "Beh, io nasco a teatro. Tutte le altre cose sono venute dopo. Sta di fatto che ormai abbiamo fatto diverse repliche, e continuiamo a scoprire meccanismi e sfumature della commedia, lavorando e ‘limando’ per renderla al meglio. Il pubblico si diverte. E’ come una festa. Ma oltre alle risate noto che ci sono attenzione e affetto".
E’ questa la cosa più bella della popolarità? "Questo mestiere, se lo fai con entusiasmo e generosità, ti fa sentire vivo. Io ho avuto la possibilità di fare tante cose nella vita. Il minimo che posso fare è essere generoso".
Di certo non si dà arie da star... "Non porto gli occhiali neri, e non mi sottraggo mai all’incontro con la gente. Ci sono persone che ti portano vecchie foto di precedenti incontri, che ti raccontano episodi della loro vita. E poi ci sono i bambini. Da loro ho ricevuto centinaia di lettere e disegni. Una bambina mi ha scritto: sei il mio secondo cartone animato preferito dopo Peppa Pig... Una bambina a cui fai allegria, a cui sembri un orso buono. Altri mi hanno disegnato nei modi più fantasiosi. Ecco, io lavoro per cose come queste".
Dei grandi comici si dice che siano benefattori dell’umanità. "A noi basta vedere che la gente, dopo lo spettacolo, esce da teatro un po’ più felice. E poi basta pensare a questo: dove c’è la guerra non ci sono spettacoli teatrali e musica. Purtroppo la stupidità umana continua a causare guerre".
Raimondo Montesi