REDAZIONE ANCONA

"Un vigneto d’oro in abbandono"

La segnalazione di Massimo Palmieri: 54 ettari invasi dalle erbacce e grappoli di Verdicchio al macero

"Una collina interamente vitata e completamente abbandonata a causa dell’insostenibile crollo del prezzo dell’uva". La segnalazione arriva da un appassionato produttore di vino Massimo Palmieri (titolare dell’agriturismo Tenuta San Marcello) ma fa balzare sulla sedia tanti. Il colpo d’occhio con la collina ingrigita che solo se ti avvicini capisci il perché, è davvero desolante. Un segno dei tempi. In questi giorni in cui al massimo ci si può concedere qualche passeggiata vicino casa Palmieri non ha potuto fare a meno di notare quel vitigno sulle colline di San Marcello. Qualcosa come 54 ettari, invasi dalle erbacce e con i grappoli di Verdicchio secchi ancora appesi ai filari. Un vero colpo al cuore per tutti, ma per un vignaiolo ancora di più. La voce del vasto vitigno abbandonato si è rapidamente diffusa anche con le immagini lanciate via social e c’è anche chi sta cercando di capire come salvare quell’importante vigneto che apparterrebbe al fallimento di una cantina locale, probabilmente andato all’asta dove però non avrebbe incontrato il giusto interesse. E all’interno del fallimento quei grappoli d’oro non sarebbero apparsi così di valore da arrivare magari un affitto o una gestione temporanea che inizialmente si era prefigurata. Non solo la cura del vigneto ma anche la raccolta dei suoi frutti, non è stata ritenuta interessante. Un simbolo di decadenza che sta riguardando il mondo del vino, colpito, specie la produzione più di nicchia e destinata alla ristorazione, dal Covid. "La produzione vitivinicola – spiega Palmieri – a mio avviso non è stata adeguatamente valorizzata negli ultimi venti anni. Siamo passati da una rendita dell’uva Verdicchio Doc di 100mila lire al quintale circa vent’anni fa a un progressivo crollo fino a 37 massimo 40 euro al quintale. Considerati i costi per condurre il vitigno e per produrre il vino sono molte le aziende agricole che stanno facendo fatica ad andare avanti. Ogni anno la Regione autorizza l’un per cento di quote il che vuol dire aumentare di non poco in dieci anni la produzione. Ma al contempo non si ha una promozione e comunicazione che possa rilanciare le vendite. Noi non siamo marchigiani ma crediamo molto in questo territorio che abbiamo scelto e dove siamo da 12 anni. Nulla abbiamo da invidiare alla Toscana come paesaggi e come storia, ma in questi ultimi 4 o 5 anni abbiamo perso molto. Il Covid con la grande incertezza che porta con sé ha aggravato la situazione. Stiamo cercando di sopravvivere ma serve un’inversione di rotta".

Sara Ferreri