NICOLETTA TEMPERA
Cronaca

L’agguato del Pilastro ai carabinieri: "Macché banditi, erano terroristi"

Alessandro Stefanini è il fratello di Otello, trucidato con due colleghi la sera del 4 gennaio 1991 "Qualcuno indirizzò la pattuglia in quel luogo. E gli assassini alla fine presero il foglio di servizio".

"Non erano rapinatori. Il loro compito era terrorizzare e destabilizzare". Alessandro Stefanini è fratello di Otello, il carabiniere di 22 anni che la sera del 4 gennaio 1991 fu trucidato, assieme ai colleghi Mauro Mitilini e Andrea Moneta, dai killer della banda della Uno Bianca, in via Casini, al Pilastro. Da trentaquattro anni, come sua madre Anna Maria, Alessandro attende di conoscere la "verità vera" dietro sette anni di morti e terrore.

Stefanini, si aspetta che possa arrivare da questa inchiesta bis? "Credo che dietro l’esposto ci sia un grande lavoro, che sta dando motore alle nuove indagini. Sono molto soddisfatto di sapere che ci sono accertamenti in corso, che si stiano applicando le nuove tecnologie per individuare dettagli e impronte impossibili da esaminare trent’anni fa. E anche che si stiano approfondendo ‘stranezze’ che in passato erano state tralasciate. Se per dolo o superficialità non sta a me dirlo".

Le circostanze anomale che emergono dall’esposto sono numerose. "Io penso sempre al Pilastro, dove è stato ucciso mio fratello. Ragionando come una persona digiuna da questa vicenda mi chiedo: ma quale ladro vede una gazzella dei carabinieri e invece di allontanarsi gli va sotto, spara contro i militari e una volta trucidati perde tempo a cercare dentro l’abitacolo il loro foglio di servizio? Lo scopo dei Savi era un altro. E per questo c’è chi ha lavorato per coprirli".

Per la strage del Pilastro finirono in carcere i Santagata, poi scagionati dopo l’arresto dei Savi. "I testimoni quella sera, assieme all’Uno Bianca, raccontarono di aver visto un’Alfa, da cui era sceso un uomo dalla mascella pronunciata. Poi arrivò la ‘supertestimone’, all’epoca minorenne, che incolpò i Santagata. Chi la manovrò? Dopo l’arresto dei Savi, andò a processo per calunnia, ma tutto si concluse con la prescrizione. Lei non è stata mai risentita, è scomparsa dai radar. Dopo tutto, c’è un’intercettazione di suo padre che parla chiaro: i ‘capi’ l’avrebbero protetta. E così è stato".

Come per Castel Maggiore, anche il Pilastro fu un agguato? "Certamente. Mio fratello e i suoi colleghi avevano 20 anni. Quando mai si sarebbero spostati, d’iniziativa, dal luogo che dovevano pattugliare? Qualcuno comandò loro di andare in via Casini".

Incongruenze che si toccano, come anche per l’armeria di via Volturno. "Tutto è collegato. Ma è proprio l’episodio dell’armeria che va investigato a fondo. Quello, come il caso del poligono abusivo di San Lazzaro, ancora una volta collegato".

In che modo? "Il poligono era dell’ex proprietario dell’armeria. E qui andavano a sparare i Savi. E non solo. Durante un intervento di pulizia, venne rinvenuto un bossolo particolare. E chi lo trovò lo consegnò a un uomo dei servizi che a sua volta disse di averlo dato all’allora comandante dei carabinieri. Questo bossolo non è mai stato trovato. E uno dei due ha mentito. Ma anche questa anomalia non fu investigata. Spero che oggi venga approfondita".