Bologna, 15 settembre 2019 - «È una sfida molto ambiziosa. Per questo l’Emilia-Romagna ha le carte in regola per provarci. E riuscirci». Stefano Bonaccini, presidente della Regione, guarda con favore alla possibilità di candidare Bologna e Firenze come sedi principali delle Olimpiadi 2032. «Conosco la regione palmo a palmo: abbiamo capacità, idee, talenti e conoscenze tali che portare qui le Olimpiadi potrebbe non essere un’impresa impossibile».
Editoriale Olimpiadi, obiettivo comune - di Paolo Giacomin e Agnese Pini
Serve un gioco di squadra.
«È quello che sappiamo fare meglio. In questi cinque anni, con istituzioni locali e università, imprese e sindacati, professioni e Terzo settore, nel Patto per il lavoro abbiamo mobilitato investimenti per 20 miliardi, facendo dell’Emilia-Romagna la regione che cresce di più nel Paese. Se poi la squadra è allargata a una regione come la Toscana e a una città come Firenze...».
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Quali le maggiori difficoltà?
«I progetti, la stima di tutto ciò che servirebbe in termini di costi e impianti. Oltre alle autorità sportive internazionali da convincere».
Le opportunità?
«Tantissime. Sarebbe un sogno per chi vive e ama la nostra terra. Dovremmo chiamare tutti a dare una mano per farlo diventare realtà: i nostri giovani, i nostri atenei; le nostre imprese, progettisti, tecnici e maestranze che ogni giorno realizzano eccellenze che poi girano per il mondo. E le comunità locali, i nostri sindaci e amministratori; chi fa cultura... E, naturalmente, tutto il mondo dello sport».
Quale slogan per i Giochi?
«Sostenibilità ambientale, trasparenza amministrativa e legalità. Per dimostrare al mondo che c’è un’Italia con gli standard più avanzati del mondo, che sa fare le cose come nessuno».
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Obiezione classica: i Giochi sono spesso un fallimento dal punto di vista economico.
«Impossibile, in questa fase, pronunciarsi sui conti economici. Serve un progetto. Ma la forza di questo territorio è anche quella di non aver mai realizzato cattedrali nel deserto. La nostra forza è proprio essere un sistema integrato, abituato e capace di trasformare ogni investimento ed ogni evento in un volano per qualcos’altro».
Quali parti della regione potranno essere coinvolte?
«Tutte, la sfida è proprio questa. L’intera Emilia-Romagna, da Piacenza a Rimini. La Costa e il mare, l’Appennino, i borghi e le aree interne, la pianura. Non candideremmo una capitale, ma in intero sistema territoriale. Abbiamo anche un vantaggio strategico: le nostre strutture ricettive e il nostro innato senso dell’accoglienza».
Quanto e dove investire per nuove strutture?
«Ogni decisione andrà condivisa con Firenze e la Toscana. Ma per me si deve partire dal recupero e dalla valorizzazione dell’esistente, dalla riqualificazione degli spazi, dal paesaggio come prima infrastruttura».
C’è chi teme colate di cemento.
«Nuovo cemento? No grazie. Gli speculatori alla porta e niente vuoto a perdere. Non potrebbe essere altrimenti in una regione che ha approvato una nuova legge sull’urbanistica basata sul consumo di suolo a saldo zero».
Quali le condizioni dei nostri impianti?
«Abbiamo avviato un piano di riqualificazione degli impianti sportivi mai vis to prima: 40 milioni di fondi regionali per 140 interventi di ristrutturazione di palestre, piscine, campi da gioco, palazzetti in altrettanti Comuni, anche piccoli o piccolissimi, per un investimento complessivo generato di oltre 100 milioni di euro».
Ora, quali passi concreti?
«Il primo è quello di far nascere il Comitato promotore, coinvolgendo Governo e Coni. Abbiamo bisogno che il nostro sia un sogno condiviso dall’intero Paese, che siano le Olimpiadi che vuole l’Italia, non solo noi».
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