Omicidio del buttafuori Bologna, ecco le lettere segrete di Monti

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Stefano Monti durante l'arresto del 4 giugno 2018

Stefano Monti durante l'arresto del 4 giugno 2018

Bologna, 21 giugno 2019 - "Non ho ucciso Valeriano Poli, sono innocente. Mi sento perseguitato da questo sistema. Sono anche io una vittima". Stefano Monti non vedeva vie d’uscita. La prospettiva di essere condannato lo schiacciava. E nella morte ha cercato di riconquistare la sua libertà. Lo ha fatto da solo, nel silenzio della sua cella. Ma adesso quel silenzio si è spezzato, sotto il peso delle frasi, pesanti come macigni, gridate nelle tre lettere d’addio lasciate ai familiari. 

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L’ultimo gesto consapevole, prima di impiccarsi con i lacci delle scarpe al termosifone della sua cella, è stato scriversi sul palmo della mano le indicazioni necessarie a informare dell’esistenza delle missive chi avrebbe trovato il suo corpo. Nelle tre lettere, sequestrate dai carabinieri del Nucleo investigativo e depositate ieri in Procura, Monti racconta di essersi sentito perseguitato, di vivere da vittima questo processo. Perché, come aveva detto anche in aula, "io Poli non l’ho ucciso". Il senso generale delle lettere parla di una forte frustrazione. Ma più di questo, dalle indagini dei carabinieri non trapela. Certo è che i militari stanno analizzando alcuni dettagli ricostruiti da Monti, ritenuti da approfondire. Il tutto nel più stretto riserbo e rispetto per i famigliari della vittima. Dell’indagine si occupa il magistrato Bruno Fedeli

Monti era stato arrestato il 4 giugno dello scorso anno. Era accusato di aver ucciso il buttafuori, a colpi di pistola, la notte del 5 dicembre del ’99. Il movente, indicato dall’accusa, era quello della vendetta: Monti, piccolo boss del Pilastro, voleva farla pagare al ‘Nano’ che lo aveva pestato in discoteca. Monti aveva ammesso il fatto, ma in aula, lo scorso 3 aprile, ascoltato dai giudici dell’Assise, aveva anche raccontato di non aver visto chi lo aveva picchiato, perché era stato "raggiunto alle spalle e atterrato". E quindi di non avere motivi di rancore nei confronti di Poli che, a suo dire, neppure conosceva. Tuttavia, già vent’anni fa Monti era stato sospettato per quel delitto: era stato anche indagato, ma la sua posizione era poi stata archiviata. L’anno scorso, la svolta, quando la Squadra mobile ha riaperto le indagini, forte di una ‘prova regina’ ricostruita in 3D. Il sangue di Monti sulle Timberland di Poli.

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