MONICA RASCHI
Cronaca

Ragazzine aggredite, come superare il trauma: “Vanno ascoltate e rassicurate”

Michela Casoria, psichiatra, sul caso delle due 12enni assalite a Bologna mentre rientravano a casa: “Paura e ansia sono normali. Contesto familiare e sociale fondamentali affinché il brutto episodio venga elaborato”

Strategie di ascolto per superare i traumi. Nel riquadro, Michela Casoria, psichiatra

Strategie di ascolto per superare i traumi. Nel riquadro, Michela Casoria, psichiatra

Bologna, 24 giugno 2025 – Due bambine di dodici anni, che rientravano a casa dopo la scuola, aggredite dallo stesso uomo di 33 anni, residente nel Bolognese, che ora è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico e l’accusa di violenza sessuale.

Quali traumi possono lasciare nella psiche di queste bambine episodi così efferati?

“La prima riflessione è che questi episodi sono successi in un periodo della vita in cui vengono sperimentate le prime autonomie: si va a scuola da soli, si hanno le chiavi di casa, si sviluppa una dinamica di fiducia in sé stessi e con il resto del mondo – spiega Michela Casoria, psichiatra –. E questi episodi irrompono in questo fondamentale periodo di crescita. Le conseguenze dipendono da due fattori”.

Può spiegare quali sono?

“Lo sviluppo intellettivo ed emotivo di quella persona, perché l’età anagrafica non sempre corrisponde a una abilità acquisiti in tutti i settori e l’altro è l’ambiente familiare, sociale e come questi eventi vengono accolti ed elaborati. Queste ragazzine, come tutte le persone aggredite all’improvviso, sviluppano senso di paura e, a livello psicologico, vergogna e senso di colpa. Elementi connaturati alla situazione”.

E come conseguenze a lungo termine?

“Dipende da come questi vissuti di vergogna, colpa e fallimento vengono elaborati dal contesto. E si tratta di contesti diversi: uno è l’ambito psicologico, l’altro psicopatologico. La reazione emotiva è comune a tutti, la possibilità che da questa reazione emotiva venga fuori un problema di salute è qualcosa che dipende da come vengono elaborate le reazioni emotive. E anche il senso di colpa che può emergere nelle famiglie: forse l’abbiamo mandata da sola troppo presto, forse dovevamo accompagnarla. E tutto si intreccia”.

Come si supera tutto questo?

“Attraverso la parola, parlare di quello che è successo, elaborarlo a livello emotivo in modo che non sia troppo stigmatizzante per chi lo ha subito, in questo caso le bambine. Se questa fase, che può durare anche parecchio, avviene con successo, l’esperienza pur brutta rimane nel vissuto che può non lasciare troppi residui. Ma se il contesto non aiuta e la persona che l’ha subito ha già problemi di ansia o paure ci possono essere problemi a dormire o a uscire nell’immediato. Nel futuro possono emergere i disturbi alimentario del comportamento che sono tutte forme di regressione”.

Cosa si può fare per aiutarle?

“Contenere l’aspetto emotivo nel senso di non minimizzare e di non drammatizzare nel senso comportamentale, evitare di dire: non usciamo più, niente campo estivo perché questo esaspera la colpa e la vergogna. E nemmeno dire: non è successo nulla. Il genitore ascolta e rassicura”.

Questi episodi sono in aumento oppure vengono solo denunciati di più?

“Oggi c’è sicuramente una maggiore sensibilità ed è un tabù meno condizionante. Sulle aggressioni alle donne c’è grande sensibilità”.

Del soggetto aggressore cosa si può dire?

“È un predatore, è una persona che ha una capacità di organizzazione, individua un certo tipo di vittime, le segue, non è un’aggressione casuale. Naturalmente c’è una serie di cose che andranno comprese di questa persona”.