
Ac Cesena depredato, la verità di Lugaresi
di Paolo Morelli
L’ex presidente dell’Associazione Calcio Cesena, Giorgio Lugaresi, è stato il protagonista dell’udienza di ieri (l’undicesima) del processo per i lavori allo stadio Manuzzi e al centro sportivo di Villa Silvia, in particolare quelli in occasione del ‘nevone’ del 2012. Lugaresi è imputato insieme all’altro ex presidente Igor Campoedelli, ad alcuni amministratori e dirigenti del Cesena e agli imprenditori che eseguirono i lavori, o quantomeno li fatturarono e incassarono il corrispettivo. L’ipotesi dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Sara Posa, è che ci sia stato un vorticoso giro di fatture false o gonfiate organizzato per svuotare le casse dell’Ac Cesena, innescando una spirale che portò la società calcistica al fallimento nel 2018.
Giorgio Lugaresi, come gli ha consigliato l’avvocato difensore Giovanni Maio, non si è sottoposto all’interrogatorio nel quale avrebbe dovuto rispondere alle domande del pubblico ministero, degli avvocati difensori e dei giudici del collegio presieduto da Italia Rosati, ma si è limitato a una lunga dichiarazione spontanea nella quale, essendo imputato, non aveva l’impegno di dire la verità.
Con voce a tratti rotta dall’emozione, Lugaresi ha raccontato: "La storia della mia famiglia è intrecciata a quella del Cesena calcio, un patrimonio della città e dell’intera Romagna: mio zio Dino Manuzzi la presiedette per 16 anni, mio padre Edmeo per 22 e io per 10 anni, in due periodi. Presi in la società nel 2002, quando mio padre fu colpito da un ictus; sono orgoglioso di poter dire che abbiamo portato allo stadio almeno due milioni di persone, ma nel 2005 mia moglie si ammalò, io avrei voluto starle più vicino e nel 2007, quando Campedelli si presentò, gli lasciai volentieri il timone. La squadra andò bene, arrivò in serie A, ma nel 2012 il sindaco Paolo Lucchi mi chiamò dicendo che dovevo aiutarlo perché il Cesena stava per fallire e lui non poteva permetterlo avendo le elezioni amministrative pochi mesi dopo. Accettai, a gennaio portai a Cesena sette giocatori spendendo 50.000 euro e ci salvammo con due giornate d’anticipo. Il 17 aprile 2013, pur non avendo la maggioranza delle azioni, fui eletto presidente dall’assemblea dei soci. La relazione di Orienta Partners indicava 27 milioni di debiti e subito cominciammo a pagare le cambiali dell’azienda Sinergie d’Imprese che aveva fatto molti lavori allo stadio, poi cominciò l’assalto alla diligenza da parte di creditori dei quali non conoscevamo l’esistenza; infine arrivò la tegola Nagatomo. Arrivammo al fallimento anche perché l’Agenzia delle Entrate non ci concesse l’ultima rateizzazione".
"Ho 68 anni – ha concluso Giorgio Lugaresi –, sono stato a lavorare per un anno in provincia di Bergamo, poi è arrivato il Covid; da due anni lavoro nel negozio Poltronesofà di Ravenna. Negli altri processi ho patteggiato tre anni e due mesi, e ho avuto una condanna a sei mesi contro la quale abbiamo fatto ricorso. Se dovrò andare in carcere lo farò, ma mi sembra assurdo poiché la denuncia sulla quale è basato il processo l’ho firmata io!". Il processo dovrebbe concludersi in aprile.