LUCA RAVAGLIA
Cronaca

Il Cavalluccio parla sempre più inglese

I tifosi hanno notato il nuovo approccio del club. Tra i sorrisi c’è chi rivendica il campanile "Però io mi tengo ’Dai Burdel’.

Il ds Filippo Fusco davanti alla scritta di benvenuto rivolta a Ciervo e Diao

Il ds Filippo Fusco davanti alla scritta di benvenuto rivolta a Ciervo e Diao

’Welcome’ alle presentazioni dei giocatori, ’Inside Acquapartita’ per introdurre i video dal ritiro, ’Starting 11’ sul titolo delle formazioni, ’Friendly Game’ per raccontare un’amichevole... Il Cesena Calcio parla inglese. E non solo perché la proprietà è a stelle e strisce. In effetti quello è certamente il punto di partenza, ma anche la direzione nella quale il club si muove da tempo.

Perché, lo hanno ribadito in più di un’occasione gli stessi dirigenti, l’intento è quello di ’esportare’ il Cavalluccio e il suo mondo anche oltreoceano, promuovendone l’immagine negli Stati Uniti, col doppio scopo di attirare l’attenzione di eventuali nuovi partner che vogliano aggiungersi al progetto e far conoscere la ’piccola realtà di provincia’ nel mondo degli spazi immensi e delle megalopoli.

Dunque eccoci ai video coi sottotili in inglese, piuttosto che alle ’Fixtures’, che a casa nostra sarebbe il calendario delle partite. Il percorso di ’americanizzazione’ del linguaggio non è ovviamente passato inosservato ai tifosi nostrani, alcuni dei quali ne sorridendo, commentano in maniera ironica la situazione.

Una situazione davanti alla quale, in un mondo che parla sempre più inglese e non certo solo in relazione alle pagine del Cesena Calcio, molti scrollano le spalle. Pur manentendo un approccio di sanissimo campanilismo: "Io - ha scritto tanto per citare un esempio una tifosa del Cavalluccio - resto fieramente romagnola e a ’go boys’, preferisco ’Dai burdel’".

Inappuntabile. Probabilmente anche per chi l’inglese lo parla da sempre. Con la consapevolezza che per esportare il ’Cavalluccio’ oltreoceano, serve partire dalle basi della cultura e della tradizione del calcio di casa nostra. Ecco perché ’Dai burdel’ ha un fascino che conquista. Anche negli States.

Luca Ravaglia