Il campo di concentramento di Fossoli: cos’era e perché gli italiani sono responsabili

Giornata della Memoria 2024. Dalle baracche a pochi chilometri da Carpi passò anche Primo Levi: tra fucilazioni e violenze, la storia di un luogo che è (anche) monito

Fossoli (Carpi), 27 gennaio 2024 – Uno dei punti cardine della Giornata della Memoria in Emilia Romagna è certamente il campo di Fossoli che fu costruito nel 1942 dal Regio Esercito per imprigionare i militari nemici catturati nelle operazioni in Nord Africa. Dal dicembre del 1943 è trasformato dalla Repubblica Sociale Italiana in Campo di concentramento per ebrei.

Il campo di Fossoli e la presidente della Fondazione Fossoli, Marzia Luppi
Il campo di Fossoli e la presidente della Fondazione Fossoli, Marzia Luppi

La prima deportazione

Dal marzo del 1944 nel sito, a una manciata di chilometri da Carpi – dal quale sono passati Primo Levi, Nedo Fiano e tanti altri ebrei italiani e non solo – diventa un Polizei und Durchgangslager, un campo di polizia utilizzato dalle SS come anticamera dei Lager nazisti a cui si affianca il campo della Repubblica Sociale.

“La deportazione da Fossoli non comincia il 15 marzo del 1944, ma molto prima. Il primo convoglio che parte da Fossoli è il 26 gennaio 1944 ed è diretto verso Bergen Belsen e il campo in quel momento è gestito dalla Repubblica Sociale e dalla Questura di Modena. Questo ci dice che a Fossoli la responsabilità italiana è stata molto forte”, dice la direttrice della Fondazione Fossoli, Marzia Luppi.

La responsabilità italiana

“Fossoli ci dice che le deportazioni erano una questione anche italiana e non solo tedesca, un fatto fascista e non solo nazista”, sottolinea Luppi. Lo stesso vale per Trieste, dove dopo l’8 settembre 1943 la Risiera di San Sabba operava a pieno ritmo – con tanto di camera della morte e forno crematorio –, ma la città giuliana faceva parte del “Adriatisches Kustenland” e di fatto era stata annessa al Terzo Reich, mentre il campo alle porte di Carpi era in territorio italiano.

Quello nel cuore dell’Emilia “non è l’unico campo per ebrei – aggiunge –: ci sono stati anche Borgo San Dalmazio in Piemonte e altri. Fossoli, però, è un campo speciale dal quale transitano più di 2.800 ebrei diretti ai lager tra quali Auschwitz, Bergen Belsen, Buchenwald, Flossemburg”.

Dal gennaio 1944 Fossoli ospita anche un numero analogo di oppositori politici che vengono da Milano, Torino, Genova e vengono via via catturati e nel Campo Nuovo vengono radunati altri prigionieri – si stima dagli 800 ai mille – destinati ai campi di lavoro in Germania.

Primo Levi

Anche Primo Levi, come scrive in ‘Se Questo è un uomo’, arriva a Fossoli alla fine del gennaio 1944, dopo essere stato arrestato in Val d’Aosta insieme al suo gruppo partigiano e nel corso degli interrogatori si dichiara ebreo. In quel momento “gli ebrei italiani nel campo erano centocinquanta circa, ma entro poche settimane il loro numero giunse a oltre seicento”. Il 22 febbraio è deportato ad Auschwitz.

E gli altri ospiti

“La deportazione, come Primo Levi aveva ben presente, ha interessato veramente tante persone o per motivi razziali o per le loro idee”, aggiunge la direttrice della Fondazione, Marzia Luppi. Tra loro c’erano anche alcuni operai che parteciparono agli scioperi del marzo 1944 nelle grandi fabbriche del Nord Italia, oltre ad esponenti di rilievo del Partito Comunista Clandestino, del Partito Socialista, del Partito d’Azione e del mondo cattolico tra cui tanti sacerdoti. “Era un universo variegato – prosegue la direttrice della Fondazione Fossoli – ed era un modo per colpire ed emarginare tutto ciò che la Repubblica Sociale e il Terzo Reich avvertivano come estraneo e pericoloso”.

Le fucilazioni

Il campo viene decritto da chi è sopravvissuto ai lager come un luogo di detenzione tutto sommato sopportabile, ma erano all’ordine del giorno “violenze fisiche e psicologiche, legate all’attesa e all’incertezza del futuro” oltre a “percosse, uccisioni immotivate” nei confronti dei prigionieri, che venivano fucilati perché non capivano gli ordini scanditi dalle SS in tedesco.

Il 12 luglio 1944 nel vicino poligono di tiro di Cibeno vengono giustiziati 67 prigionieri politici detenuti a Fossoli. “È la strage più efferata che viene fatta su detenuti di un campo di concentramento. Le vittime vengono sepolte in una fossa comune, che viene scoperta nel maggio 1945”. Poco prima, il 22 giugno 1944, Leopoldo Gasparotto, esponente di spicco del Partito d’Azione e membro del Comitato di Liberazione Nazionale che anche dall’interno del campo teneva i contatti con la Resistenza, era stato fatto uscire e fucilato dalle SS poco lontano da Fossoli.

Pagine nere della storia della struttura, che dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, vengono archiviate, ma Fossoli non viene chiuso e smantellato. Dalla fine del novembre 1944 Fossoli viene abbandonato e dopo la Liberazione viene utilizzato fino al 1947, destinato a ospitare i profughi indesiderabili.

L’utopia di Nomadelfia e gli istriani

Successivamente viene utilizzato da don Zeno Saggini che fonda a Fossoli Nomadelfia, una sorta di comunità ideale, “di utopia che esce da una situazione di guerra fratricida” per ospitare i tanti orfani di guerra. “Dal 1954 le baracche del campo di Fossoli diventano la casa di oltre 150 famiglie che sono costrette a lasciare l’Istria quando viene annessa alla Repubblica Jugoslava, trasformandosi in Villaggio San Marco. Viene costruita una scuola, una chiesa, ci sono molte attività. Il campo viene lasciato negli anni ’70”.

Finalmente luogo di ricordo e monito

Solo nel 1984 il Comune di Carpi ottiene dallo Stato a titolo gratuito la sua proprietà con l’impegno che diventi il Museo nazionale della deportazione, visto il ruolo di campo nazionale della deportazione dall’Italia che ha svolto durante la Repubblica sociale.

“Fossoli è stato anche il motivo per cui da Carpi nel 1955 parte una grande manifestazione a ricordo dei deportati – ricorda Marzia Luppi –. Della Shoah nel dopoguerra non si parlava molto e avere un campo di concentramento visibile ha veramente permesso che questo fenomeno non venisse dimenticato”.

Il museo a Carpi

Nel 1973 a Carpi è stato anche inaugurato il Museo Monumento al Deportato politico e razziale, progettato dallo studio BBPR (Belgioioso, Banfi, Peressutti e Rogers), in collaborazione con Giuseppe Lanzani e Renato Guttuso. “Il museo è stato ideato con l’idea di ricordare una vicenda drammatica ma con una prospettiva di speranza per il futuro – conclude Marzia Luppi –. Ed è quello che noi vorremmo fare oggi come Fondazione Fossoli di questo luogo, che racchiude una vicenda tragica ma dove è stato possibile ricostruire una società che si allontanasse dagli orrori della guerra e della deportazione”.