Covid, nuovo test per valutare 30 ore prima il livello del virus

A Pievesestina gli studi su un ‘transistor elettrochimico organico’ brevettato dall’Alma Mater. Sambri: "Analisi più veloci e con minori rischi per gli operatori: un’arma in più contro la pandemia"

Vittorio Sambri, responsabile del Laboratorio unico dell’Ausl Romagna a Pievesestina

Vittorio Sambri, responsabile del Laboratorio unico dell’Ausl Romagna a Pievesestina

Cesena, 9 febbraio 2022 - Lo stupore davanti all’infinita capacità della scienza di superare i confini e la consapevolezza che si può abbassare le mascherine ma non deporre le armi contro il Covid. È tutto nella genesi di in un piccolo strumento, apparentemente semplice e di basso costo, capace di misurare il livello degli anticorpi contro il male che ci inchioda da due anni.

Bollettino Covid oggi, dati e contagi del 9 febbraio 2022 in Emilia Romagna

Semplice ed efficace il suo impiego, ma è oltremodo complesso e sofisticato il percorso che ha portato il "transistor elettrochimico organico", questo il suo nome, fino al livello attuale. Alla sua messa a punto da parte di un pool di ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Istituto Zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, ha contribuito anche il professor Vittorio Sambri responsabile dell’Unità Operativa di Microbiologia del Laboratorio Unico dell’Asl Romagna, la centrale dove si processano ogni giorno fino a 10 mila tamponi orofaringei.

Professor Sambri, come agisce il transistor elettrochimico organico? "È un sistema sviluppato dai cervelloni del nostro dipartimento di Fisica, che noi abbiamo applicato, che serve a valutare quanto una corrente elettrica riesca a passare attraverso delle cellule coltivate in vitro".

Come avviene questa misurazione? "Il virus, replicandosi, rompe le cellule e quello che si fa normalmente è lasciare che agisca per 72 ore per poi vedere al microscopio quanti buchi ha prodotto. Ossia quanto il virus si è allargato. Il sensore elettrochimico ci permette tale verifica in un tempo molto più rapido. Non ha bisogno di vedere fisicamente i buchi al microscopio, li ‘vede’ impiegando una tecnologia a micropori, semplicemente nella quantità di elettricità che passa attraverso le cellule. Tanta elettricità che si trova sotto allo strato di tessuto in vitro, tanti buchi".

Quali sono i vantaggi di questo transistor? "Fa risparmiare fino a 30 ore di test e non c’è bisogno di valutare al microscopio un effetto che non è così semplice da calcolare. L’omogeneità della lettura dipende anche da chi lo guarda. Il sensore invece dà una risposta oggettiva. Inoltre il metodo classico espone il tecnico ad un’alta quantità di virus poiché le piastre per essere esaminate vanno aperte. Col sensore tutto questo si fa guardando una curva sul computer che dice se ci sono o non i buchi e quindi anche gli anticorpi neutralizzanti".

Cosa sono gli anticorpi neutralizzanti? "Quelli che, stimolati dal vaccino, vengono prodotti dal corpo e sono in grado di bloccare la replicazione del virus. Attaccano la proteina S responsabile della moltiplicazione del virus nelle nostre cellule".

Il transistor può essere utile nella messa a punto di nuovi vaccini? "Tutto ciò che è correlato al danneggiamento delle cellule in vitro si può utilizzare per i vaccini e le cure".

Che strada deve percorrere ora lo strumento? "L’abbiamo brevettato e ora cerchiamo qualcuno interessato a produrlo. Si tratta di un piccolo strumento riutilizzabile, dal costo di qualche euro. Ha però bisogno di un software di gestione".

Su quale tipo di cellule è stato sperimentato? "Su cellule di rene di scimmia. Ma non significa che uccidiamo le scimmie. Si tratta di cellule prelevate da un tumore renale di una scimmia almeno 45 anni fa. Su queste, il virus, e anche le sue varianti più deboli, replica con estrema facilità. Ma l’abbiamo già usata anche su cellule di carcinoma polmonare, dunque più connesso all’infezione da coronavirus".