
di Silvano Clappis
Antonella Sabatini, 58 anni, vive a Fano da 25 anni con il marito e due figli. Usa la scultura, la fotografia e il video come mezzo espressivo, per addentrarsi nei meandri della memoria. È nata in Svizzera, ha vissuto il primo anno di vita all’interno di un Kinderheim (praticamente una ’casa per bambini’), quando venne promosso il primo referendum in Europa contro gli stranieri, in particolare gli italiani. La separazione dalla famiglia e dalla lingua madre ha fortemente contribuito alla forma del suo pensiero. Ha frequentato il liceo artistico di Cagli, per molti anni ha studiato pianoforte e danza contemporanea. Ha co-fondato insieme a suo marito una società per l’innovazione culturale e tecnologica. Vive in quello che un tempo era lo studio Agostini, in via Nolfi. Che non è soltanto la sua casa, ma anche il suo studio.
Come mai ha scelto di vivere in questo spazio?
"Abbiamo scelto questo spazio, principalmente per l’architettura insolita in un centro storico come quello di Fano. In origine era un negozio di arredamento, con un volume tutto aperto, pieno di luce e con un anima sonora: il legno scricchiola ad ogni passo, sembra uno spazio canterino. È stato un colpo di fulmine. L’idea di adattarla, di renderlo casa era affascinante e rappresentava per noi una sfida".
Dal 2010 si dedica interamente ad una propria ricerca artistica...
"La mia ricerca si riallaccia al tardo latino circum, circare, circoscrivere uno spazio per sostenere il senso esistenziale, dare forma ad una sorta di vuoto interiore. Le sculture sono lavorate al tornio secondo l’antica tradizione dei vasai. Il vaso ha un forte simbolo mitologico contiene tutti i mali che l’uomo può compiere o subire in vita. Capovolto ha la forma ossea del cranio, custodisce la memoria nel nostro cervello. Ogni vaso, informe, deforme, concreto eo astratto, nel suo girar su stesso emana una eco, sembra provenire da bocche antenate dentro la terra".
Escono fuori da questa manualità, ricca di sentimento e di sensi, oggetti che potremmo definire come?
"Sono soggetti e oggetti che affiorano inconsciamente nella memoria. Non c’è nulla di più invisibile della memoria, eppure ce la trasciniamo sulle spalle come un peso monumentale, atto dunque a ricordare. I nostri sentimenti sono astratti, la manualità e la materia li rendono concreti".
L’uso dei materiali è piuttosto singolare, solo porcellana e solo un colore che poi colore non è, il bianco.
"Il bianco è uno spazio vuoto, che permette di entrare in relazione con gli altri e con gli oggetti. È un luminoso silenzio e segno di pace sulla terra".
Come intravede il percorso futuro e con quale punto d’arrivo, se c’è?
"Nessuna meta da raggiungere. Il futuro è già qui, nel presente, strettamente legato al passato. Sono molto curiosa di scoprire dove tutto questo mi porterà. Sto lavorando ad un progetto insieme alla poetessa fanese Franca Mancinelli: uno scambio di ’parola-con creta’. Ad aprile sarò sempre a Fano alla Fabbrica Urbana di Palazzo Montevecchio: sperimenterò il suono, il movimento e la parola nella terra. La fotografia è una passione che arriva da lontano. Ho lavorato per quasi 20 anni, in studi di fotografia industriale a Pesaro. Sperimento il ritratto fotografico, nel senso letterale di ’ritraere’ trascinare fuori dal corpo e dal corpo della materia il volto nascosto delle cose. La fotografia ha molti punti in comune con la scultura. Il video è un mezzo per riprendere un altro passaggio di un possibile processo di lavorazione della scultura: in acqua si discioglie e ritorna allo stato d’origine. E’ una diversa partizione della sostanza tra due stati differenti. Solido e liquido. Nel mio ultimo lavoro ho realizzato 1.200 piccole sculture di porcellana. Sono buchi scavati nella terra che colgono una delle tendenze fondamentali della realtà umana: la tendenza a riempire. Jean-Paul Sartre ha scritto pagine meravigliose a tal proposito, nel libro ’L’essere e il nulla’: ’Trascorriamo una buona parte della nostra vita a chiudere i buchi, a riempire i vuoti, per fondare simbolicamente il pieno’ – e ancora – ’L’essere umano riconosce fin dalle prime esperienze, che egli stesso è bucato’".
Non le ho chiesto l’oggetto a cui tiene in modo particolare?
"Mi viene da sorridere perché non ho alcun oggetto a cui son legata particolarmente, tengo fortemente alla terra, forse per questo la lavoro con tanta passione".