
Danilo Rotini, 20enne di Montefortino, in carcere al Marino perché accusato del tentato omicidio di un amico, avvenuto il 26 luglio 2024 ad Amandola
La dottoressa Isa De Lauretis, psichiatra e dirigente medico del dipartimento di Salute mentale di Teramo, ha illustrato gli esiti della perizia effettuata su incarico del giudice delle udienze preliminari del tribunale di Ascoli Barbara Caponetti nell’ambito del processo che si celebra con rito abbreviato a carico di Danilo Rotini, 20enne di Montefortino, in carcere perché accusato del tentato omicidio di un amico, un 21enne di origini cilene, avvenuto il 26 luglio 2024 ad Amandola. "All’epoca dei fatti Danilo Rotini ha agito sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, seppure non si tratta di "intossicazione acuta"; non era affetto da infermità mentali rilevanti ai fini forensi e pertanto non si ritiene compromessa la capacità di intendere e la capacità di volere" ha spiegato la specialista entrando nel dettaglio della consulenza svolta. De Lauretis ha rilevato che "Rotini non presenta alcun disturbo psichico degno di rilevanza" ed ha escluso forme di intossicazione anche se durante il colloquio il giovane ha molto sottolineato un presunto abuso di sostanze stupefacenti ("tutti i giorni, dalla mattina alla sera"), circostanza che non ha convinto il perito. All’ingresso in carcere non presentava sintomi di astinenza e ha chiesto la presa in carico al Sert solo dopo aver varcato il cancello della casa circondariale di Marino. L’indagato aveva riferito di essere stato aggredito per primo, di essersi difeso col coltello, colpendo l’altro, e di essere scappato perché spaventato dal tanto sangue.
Soprattutto un precedente inquietante è emerso. I due qualche giorno prima del fatto avevano avuto una colluttazione per futili motivi e Rotini aveva sparato in faccia al cileno con una pistola ad aria compressa. "perché mi aveva dato un cazzotto in faccia e non voleva scendere dalla mia macchina". Dopo l’arresto Rotini si è dimostrato collaborativo e pentito per quello che era successo, riconducendo il tutto ad un abuso di sostanze stupefacenti: "quella sera non ero io, adesso che sto meglio vedo la realtà in un altro modo". L’esperienza in carcere (da dove è uscito qualche giorno fa per essere posto ai domiciliari) lo ha segnato tanto da dire "vivo un inferno". Per la dottoressa De Lauretis "è imputabile ai fini giuridici, in quanto al momento del fatto era pienamente in grado di autodeterminarsi e di comprendere il disvalore delle proprie azioni, nonché le conseguenze del proprio comportamento".
Peppe Ercoli