
‘Acqua’, un legame profondo che porta ai Promessi sposi
di Francesco Franchella
Acqua salvifica, generatrice e rigeneratrice, in senso laico e in senso religioso. "È l’Adda!", scrive il Manzoni raccontando la fuga di Renzo, che vede il suo compimento proprio nell’attraversamento del fiume: "Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore". L’acqua come motivo di sollievo, il concretizzarsi di un miraggio, alimentato da un senso di pace molto simile a quello che è stato ricreato nel chiostro di piazzetta Giovanni da Tossignano 2, a Ferrara, di fianco alla chiesa di San Girolamo.
È tra questi equilibrati e modesti porticati che, fino al 13 di maggio, si trova allestita una mostra di raro intuito, che pone l’arte in collegamento con la letteratura, le opere di Chiara Mazzotti in collegamento con le pagine dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni – tema e protagonista del Festival della Fantasia di quest’anno – attraverso il più insolito (eppure, a ben pensarci, il più evidente) medium: l’acqua, appunto. E infatti, ‘Acqua’ è il titolo, mentre ‘gorgoglìo, mormorio, sussurrìo’ è la premessa. Due dati sufficienti per descrivere, alla Manzoni, il sugo di tutta l’esposizione curata da Barbara Vincenzi (oggi, alle 18, l’inaugurazione con il poeta Davide Rondoni): adagiati alle pareti, come fossero lì da sempre, quadri per lo più astratti seguono il filo del romanzo manzoniano, scandendo gli elementi acquatici, che accompagnano le vicende di Renzo e Lucia, e incalzati da rumori di sottofondo che riproducono i suoni del lago, della barca, del molo, di sensazioni placide, contrasto di una vicenda (I promessi sposi) dinamica e in divenire. Merito della mostra, tuttavia, è anche quello di non aver invaso gli spazi del romanzo: Manzoni rimane al centro del discorso. Così, tra le varie sezioni, la prima (‘Lago’) non poteva che essere dedicata al lago di Como e alla fuga di Renzo, Lucia e Agnese dalla borgata di Pescarenico, da cui scaturisce uno dei brani più celebri della letteratura italiana, l’Addio ai monti. Un brano che si svolge – come scrive Chiara Mazzotti – "in un tempo finito, dove i suoni hanno un peso importante, tanto che Manzoni li descrive puntualmente. Il ‘fiotto morto’ (…). Il gorgoglìo dell’acqua che scorre fra i piloni del ponte (…). Il tonfo dei remi segna il passare del tempo". "L’urtar che fece la barca contro la proda, scosse Lucia". Ma l’acqua è anche corrente, e quindi ‘Fiume’: dalle opere più scure di Mazzotti, utili a rendere il senso della Notte degli imbrogli, a immagini più vivide e graffianti, a ricordare la corrente del fiume Adda. Un’altra sezione è dedicata alla ‘Pioggia’, pioggia contro la carestia, pioggia risolutiva, pregresso del ruolo liturgico dell’acqua in ‘Acquadolce’ e naturale collegamento dell’ultima sezione, ‘Cielo’, resa dall’artista con toni limpidi e vertiginosi, che ci conducono, di nuovo, all’Addio ai monti: "il lago giaceva liscio e piano, e sarebbe parso immobile, se non fosse stato il tremolare e l’ondeggiar leggiero della luna, che vi si specchiava da mezzo il cielo".