
L’interno della cella di Claudio Luciani: «Con la sentenza Toreggiani la vita è migliorata tantissimo»
Ferrara. 28 marzo 2016 - Al di là del cancello la vita è tutta diversa. Al di là di quella griglia di metallo, controllata a vista 24 ore su 24, le sensazioni, le emozioni, le tensioni, gli sguardi sono indescrivibili. Lontano dalla vita normale di ogni giorno, dalla frenesia, dal correre per forza per arrivare al risultato. Perché laggiù il tempo non passa mai e le giornate sembrano durare il doppio. Arginone, carcere di massima sicurezza: per la prima volta possiamo raccontarlo dall’interno, vivendo un’intera mattinata a contatto con il personale, incontrando i detenuti nelle sezioni o, addirittura, dentro le loro celle.
Un viaggio accompagnati dal direttore Carmela de Lorenzo, dal comandante della Penitenziaria Lisa Brianese, dal suo vice Annalisa Gadaleta e dal garante MarcelloMarighelli.
DIETRO LE SBARRE. Le 10.35, il cancello del carcere si chiude dietro di me. Sono dentro. La visita, grazie all’autorizzazione del Dap, ha inizio. Inaugurato nel marzo ’92, la casa circondariale si sviluppa su tre piani ed è divisa in nove sezioni. Ma non le potrò visitare tutte, per ovvie ragioni di sicurezza.
«Oggi i detenuti – spiega il direttore – sono 333, diversi anni fa superarono i 500. A parte il 41bis e il femminile, qui ci sono tutte le sezioni». Una porta dietro l’altra si chiude, ogni passaggio è prontamente segnalato dai poliziotti via radio. Il primo step è la zona colloqui. Dentro quattro tavolini ben distinti: ci sono le mogli, ma soprattutto i bimbi sorridenti in braccio ai loro padri detenuti. «Una zona molto curata – spiega il comandante Brianese –, abbiamo creato luoghi meno ‘pesanti’ con giochi, sedie, tavoli».
Proseguiamo buttando un occhio alla moschea («dove tutti i venerdì i musulmani possono venire a pregare») e alla stanza bricolage. Un vero e proprio laboratorio dove scopro le creazioni di Giovanni di Bono: un galeone fatto con gli stuzzicadenti e una nave costruita dentro una lampadina. «Per quel galeone ho impiegato 20-25 giorni – racconta –; cerchi sempre di variare, di stare impegnato con la testa». Giovanni è all’Arginone dal 2003 per omicidio. «Il mio è un fine pena mai – dice –, ma qui dentro siamo sempre speranzosi...».
IN CUCINA. Nella struttura, su oltre due ettari, non manca nulla. C’è una palestra ben fornita, un campo da pallavolo, da calcetto e da calcio che, sorride il vicecomandante, «non è certo come San Siro». Ma tutto è curato e mantenuto dai carcerati. C’è pure una redazione giornalistica, l’Astrolabio. Mezzogiorno: arrivo nelle cucine dove il pranzo, alle 11.45 in punto, è già stato distribuito. Trovo uno dei tre cuochi, Eduart Dedja, albanese, condannato a 10 anni per spaccio. Il menù di oggi?, domando. «Riso con verdure – risponde fiero –, fettine di bovino e insalata mista. Fuori era aiuto cuoco, qui mi hanno promosso (sorride, ndr). Non è facile cucinare per 300 persone, cominciamo alle 7». Eduart mi presenta l’intero staff, sette persone che creano menù diversi rispettando le varie religioni e le intolleranze alimentare di tutti. Saluto e con i miei accompagnatori continuo il viaggio.
IN CELLA. Salgo un paio di rampe di scale, osservo da lontano l’ingresso della sezione ‘protetti’, dove non posso accedere, e arrivo alla tre, quella dei reclusi da 5 anni all’ergastolo. Incontro Claudio Luciani, responsabile dei conti correnti di tutto il carcere, detenuto per spaccio da 20 anni. Sta pranzando frettolosamente al tavolino della piccola cella. Mi invita dentro, il cuore batte a mille. «Questa è casa mia, prego», sorride. Un letto a castello, un poster accattivante appiccicato vicino alla finestra, un minuscolo bagno, un paio di accappatoi. «Il mio coinquilino è in permesso per 15 giorni. Cerchiamo di personalizzare le celle – riprende con una battuta –. La mia giornata tipo?
Sveglia alle 7.30, colazione, poi al lavoro. Alle 11.45 pranzo e di nuovo sui conti fino alle 16. Partitina a carte e alle 18 si torna in stanza fino al giorno dopo». Con la sentenza Torreggiani, la vita detentiva è migliorata tantissimo. «Per otto ore possiamo stare fuori dalle celle e andare a prendere il caffè nella ‘camera’ di un altro, o fare la doccia quando vogliamo». A casa, tra due anni, lo aspettano moglie e due figli.
A SCUOLA. Lascio Claudio per visitare l’area pedagogica: c’è la biblioteca e una vera e propria classe, con tanto di registro, per chi vuole studiare. Mi aspettano Leonida Domenicali, dentro per droga, e l’albanese Lefter Culi, dal 2008 detenuto per omicidio. «In questa sezione – raccontano – andiamo d’accordo. Anche se – aggiunge Culi – non ci accontentiamo mai». Il mio tempo sta per scadere ma rimane qualche minuto per visitare la chiesa ottimamente tenuta da don Antonio: «La messa ogni domenica è alle 9.30», spiega la Di Lorenzo. I quadri e il bellissimo affresco dietro l’altare sono tutti prodotti internamente. «L’Arginone è un mondo», sorride la direttrice. Un mondo diverso dove tutti cercano di collaborare per farlo assomigliare il più possibile a quello che esiste al di là della griglia di metallo.