
Il 5 dicembre Gian Mario Giordana compie gli anni, la festa sarà in negozio "Cari ragazzi, non pensate ai soldi, seguite la passione. Non sentirete i sacrifici".
Aveva un castello, l’ha venduto. Correva, la sua passione il rally e la 24 Ore di Le Mans. Il tribunale lo chiama per le perizie, per dire se quel quadro è vero o falso. "Riesco, il rumore dell’unghia che striscia nel retro di una tela, a dire di che periodo è un dipinto. Guardando i colori, le forme riconosco l’autore, chi l’ha creato". Tifa per il grande Toro, ma si augura che il campionato lo vinca almeno la Juve. Tante le vite di Gian Mario Giordana, antiquario, nato il 5 dicembre del 1944 a Torino, in centro, in un periodo in cui fischiavano le bombe, meno di qualche spicciolo il valore di una vita. Il suo mondo è attorno a lui, quei pochi metri quadrati che si affacciano in via Borgo dei Leoni 45. Oltre la porta volti di Madonne, lo sguardo un po’ triste rivolto ad un bambino che verrà messo sulla croce; giocattoli di latta, scrittoi e orologi che misurano il tempo che lì sembra essersi fermato. Fuori il traffico che scorre, oltre la vetrina il silenzio di una chiesa. Gian Mario Giordana compirà 80 anni il 5 dicembre. "Facciamo una festa qui, nel mio negozio, dalle 16 alle 20. Ci saranno amici, clienti, mi vengono a trovare da tutta Italia, da tutto il mondo", la mano a seguire il profilo di un volto, un po’ pallido. "E’ una Natività di un nipote del Guercino, si chiama Benedetto Gennari", l’orgoglio che gli disegna i tratti. "Qui c’è tutta la mia vita, arrivo la mattina presto, me ne vado a tarda notte. Gli amici mi vengono a trovare, si siedono vicino a me e io parlo d’arte, racconto capolavori". Parole che fanno rivivere quadri e animano cassetti che si aprono nella fantasia di chi si chiede quali uomini o donne abbiamo appoggiato i gomiti sul ripiano, al termine di una lettera, attorno il mistero della vita.
"I miei primi passi in questo mondo quando ero un ragazzino, avevo 14 anni, vivevo ancora a Torino. Il mio maestro era lo zio, l’ebanista Paolo Cravero. Mi ha insegnato a scolpire il legno, a sentirne l’anima. Finivo la scuola e correvo da lui". Imparò un mestiere, adesso è lui che restituisce ai mobili l’antico splendore. "Il mio primo acquisto? Ero sempre a Torino, comprai i mobili del tribunale, era tutto del Settecento. Li misi in un garage. Così ho cominciato a restaurare, a vendere". Aveva l’auto di Clay Regazzoni, in quello che sembra un corridoio che porta al suo angolo – il computer una delle poche concessioni al presente – si affastellano oltre 500 ’pezzi’. "Questo spazio è un cenacolo, mi è venuto a trovare anche Sgarbi, c’è sempre qualcosa da imparare", lo sguardo che corre ad un Guercino. Lo chiamano anche i notai, per dare un verdetto, per dire se quella scrittura di un’eredità è vera o falsa. "A Ferrara sono arrivato per amore, era il 1978. Ed è diventata la mia città, non mi sono più mosso".
A muoversi sono gli altri, amici dell’Australia che lo vanno a trovare, imprenditori che lo chiamano per arredare alberghi, masserie e dimore di lusso in Puglia. "A cinque stelle, ospitano Placido e Madonna". Dieci anni fa, era la festa per i suoi 70 anni, disse che avrebbe lasciato. Non è stato così, dopo tre mesi di rianimazione appena poté lasciare l’ospedale, tornò reggendosi con le stampelle nel suo negozio di antichità. Perché non riusciva a stare lontano da quegli sguardi severi. "Cosa dico ai giovani? Di non pensare ai soldi e di seguire la passione. Chi ha passione non sente i sacrifici, si innamora del suo lavoro". Come lui, a 80 anni, gli occhi che ancora gli brillano quando accarezza un tavolo. Lunedì il sindaco Alan Fabbri andrà a trovarlo. Tanti auguri Mario.