
E’ di Ripapersico il capocantiere della cassa d’espansione grande come 120 campi di calcio "Progetto per evitare che vada sott’acqua come nel 2014. Tanto acciaio come la torre Eiffel".
E’ il 13 ottobre del 2014, il torrente Baganza esonda, si allaga Parma. Vengono inondati alcuni quartieri, ponti chiusi e black out delle linee telefoniche sotto una pioggia torrenziale. La comunità si mobilita, tra le macerie, gli stivali affondati in quell’onda scura gli ‘Angeli del fango’. Vanghe, carriole e solidarietà. Mai più.
Cristian Magli, 48 anni, il caschetto in testa, la divisa colorata, indica l’area. E’ grande come 120 campi di calcio, l’opera costerà 140 milioni di euro, verranno utilizzati 160mila metri cubi di cemento, sette milioni di chili di ferro per fare l’armatura. "Lo stesso peso, lo stesso quantitativo della Torre Eiffel", spiega Magli, nato a Ripapersico, il diploma da geometra conseguito a Ferrara. E’ lui a coordinare oltre 100 persone che stanno lavorando a questa opera titanica, la cassa d’espansione a Sala Baganza che metterà al sicuro la città di Parma, la salverà dalle acque. Sarà, una volta tolte le transenne, tagliato il nastro, la cassa d’espansione più grande d’Italia. Alla regia Aipo, agenzia interregionale per il fiume Po, con l’ingegnere Mirella Vergani, responsabile del cantiere. Alla fine dei lavori, prevista per il 2027, Magli avrà coordinato circa un migliaio di persone. Il cantiere dal 2022 lavora sette giorni su sette, 10 ore al giorno; 8 ore il sabato e 6 la domenica. Si ferma 3 settimane all’anno. In pratica, avanti non stop. Giusto il tempo di un panino o poco più, di tirare il fiato. Ruspe, scavi, cemento sono la sua vita da quando si è diplomato, addio ai libri per andare a lavorare. "Avevo 18 anni, da allora giro l’Italia da un cantiere all’altro. Venti anni di mestiere alle spalle". Dalla viabilità del palazzo della Regione a Torino, con un rotonda interrata che sembra un disco volante ("E’ posizionato come fosse il coperchio di una pentola"), alle gallerie sulla strada tra Muccia e Foligno, nelle Marche. Anche quella un’opera titanica, 50 chilometri di tunnel. Lui si è dovuto preoccupare della realizzazione ’solo’ di 14 chilometri.
"Il momento più emozionante, quando ci si incontra a metà strada nella galleria, giù l’ultimo diaframma. Si procede scavando dai due lati, fino a ritrovarsi. E’ bellissimo", spiega. Il suo compito è studiare e progettare come costruire l’opera, immaginare cosa serve per costruirla (maestranze e mezzi), organizzare e gestire maestranze e mezzi ("Io devo dire a tutto il gruppo di lavoro cosa devono fare, quando lo devono fare, in quanto tempo e come"). E risolvere un bel po’ di difficoltà che si presentano durante la realizzazione dell’opera, quelli che si chiamano imprevisti. "Siamo una grande squadra, c’è un gruppo di lavoro in genere formato dal direttore di cantiere (segue il contratto e il rapporto con il cliente), dal tipografo (disegna a terra l’opera). Poi ci sono il contabile e il progettista. Io mi confronto e mi rapporto con loro e trasferisco e trasformo sul campo". Mette a terra, adesso così si dice, le idee. Una grande squadra con i due ingegneri menager del cantiere Andrea Marzi e Emanuele Selano. Nell’organigramma una figura chiave, il suo assistente, il geometra Roberto Paganoni e il direttore di cantiere è l’ingegnere Carlo Bernagozzi. "Ci tengo a ringraziare l’impresa Strabag, questa per me è una grande opportunità di lavoro", le sue parole. "L’opera è stata progettata per resistere al peggio, alle condizione più estreme del clima. La stiamo realizzando tenendo presente il peggior evento climatico nell’arco di mille anni. E’ in grado di ricevere 5 milioni di metri cubi d’acqua, una montagna, in poco più di 5 ore". Se Parma si salverà alla prossima ondata di maltempo lo si deve un po’ anche a lui. "Continuerò a girare l’Italia, di cantiere in cantiere, un lavoro che amo. Ma quando vado in pensione metto il caschetto nell’armadio. Mi godrò la vita".