"A casa al pc? Alla fine non si stacca mai"

Marco, programmatore informatico, non è ancora rientrato in ufficio: "A lungo termine, però, bisogna riflettere su nuovi progetti"

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La mattina dopo la proclamazione del lockdown erano già tutti in smart working, intenti a lavorare in remoto dalla propria postazione domestica. Non hanno avuto alcuna difficoltà ad adattarsi, il programmatore forlivese Marco Gentili e i 17 colleghi – tutti dipendenti di una società informatica di Castelbolognese, nel Ravennate – alla modalità di lavoro agile imposta dall’emergenza Coronavirus. Un esperimento riuscito così bene che nessuno di loro è ancora tornato in ufficio: si sta valutando se e quando rientrare, ma sembra che non se ne parlerà prima di settembre.

Gentili, è funzionato tutto alla perfezione. Semplicemente perché lei e i suoi colleghi siete ‘maghi’ del computer o c’è qualcosa di più?

"Il fatto di lavorare già con gli strumenti informatici ci ha avvantaggiato rispetto ad altre aziende meno pronte a gestire il personale a distanza e a riorganizzare in breve tempo i metodi di lavoro. Tuttavia, sono convinto che, alla base, debba esserci un rapporto di fiducia consolidato tra datore di lavoro e dipendente: professionalità e senso di responsabilità sono necessari se si vuole lavorare seriamente da casa".

Cosa intende dire?

"Che se qualcuno vuole fare il furbo, probabilmente con lo smart working ci riesce benissimo: è oggettivamente più difficile controllare in maniera costante la produttività di ciascun dipendente. Conta molto la consapevolezza con cui ognuno vive il proprio lavoro. A me, per esempio, succede l’opposto".

Cioè?

"Scatta un meccanismo di soggezione per cui si finisce per dedicare molto più tempo al lavoro, con conseguente riduzione delle pause e aumento dello stress. Si rimane davanti al pc da mattina a sera, non si stacca mai e si tagliano molte distrazioni prima inevitabili, come la pausa pranzo obbligatoria o il tragitto per recarsi in ufficio".

A proposito di tragitto casa-ufficio, lei macinava 40 km al giorno per andare al lavoro.

"Già, e come me quasi tutti i colleghi: c’è chi risiede a Imola, Faenza, Cesenatico e addirittura Rimini. In questi mesi abbiamo decisamente risparmiato in benzina e autostrada".

Ipotizziamo che l’azienda decida di adottare il lavoro agile non come soluzione emergenziale, ma definitiva. Quali sarebbero i limiti?

"Finora lo smart working è stato concepito soltanto come alternativa per evitare il blocco totale delle attività e mandare avanti almeno quelle ordinarie. Ma, a lungo termine, bisognerà porsi il problema di come avviare nuovi progetti, ampliare il proprio raggio d’azione, acquisire clienti o assumere e affiancare nuovo personale: tutte attività che risultano assai complicate se non si è in presenza. Io e i miei colleghi ne stiamo discutendo proprio in questi giorni".

Maddalena De Franchis