Alluvione Forlì, volontari (e non solo) nel fango: tutti in strada per la rinascita

Da via Gorizia a via Isonzo: quartiere San Benedetto devastato Centinaia di case inagibili, si buttano gli oggetti ormai rovinati

Forlì, 20 maggio 2023 – Dove l’acqua si è ritirata ora resta il fango. Già nella prima mattinata di ieri, nonostante la pioggia sottile e incessante, gruppi di volontari si sono radunati nelle zone più critiche: in via Gorizia, in via Pelacano, a porta Schiavonia, ai Romiti e alla Cava. Ci sono le associazioni, ma anche singoli cittadini che si sono muniti di pale e stivali e hanno deciso di fare la loro parte. Si parla di ‘ripulire’, ma la parola è inadeguata: una melma collosa impasta ogni cosa e spostarla fuori dalle cantine, dai garage e dalle stanze ha tutta l’aria di un’impresa disperata. Eppure ormai da diversi giorni i forlivesi sono venuti a patti con l’idea che non resti altro da fare se non sfidare l’impossibile.

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Percorrere le strade del quartiere San Benedetto è surreale. Ogni superficie è scivolosa e nulla è rimasto come prima. La geografia della città è radicalmente cambiata: pesanti cancelli di metallo sono stati divelti dalla furia del fiume, oggetti familiari sono stati spostati a metri e metri di distanza. Le persone imbracciano scope e pezzi di legno per usarli come fossero pale, per liberare dal fango le case e i marciapiedi.

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Avrebbe festeggiato oggi dieci anni di attività il pastificio ‘Come a casa’, all’incrocio tra le vie Lughese e Gorizia: ora i proprietari stanno lottando con la fanghiglia che ricopre il pavimento e fanno la conta dei congelatori perduti per sempre. Due ragazze si avvicinano: "Possiamo aiutarvi?". "Passate da noi quando tutto sarà finito, sapremo come ringraziarvi", sorride la proprietaria prefigurando un futuro che sembra ancora lontano a venire. Le vie interne sono quelle che maggiormente hanno subito la furia della piena. Di fronte alle porte aperte vengono ammucchiati mobili e oggetti di casa. Ci sono elettrodomestici, testiere di letti matrimoniali, libri con pagine fradice d’acqua, poltrone infangate.

Ci sono gruppi di giovani di Azione Cattolica che, i volti incrostati di fango, si adoperano per liberare il piano terra di un’abitazione. "Ma non chiamateci angeli del fango", scherzano ricordando l’espressione coniata per i giovani che si impegnarono dopo l’alluvione di Firenze nel 1966. C’è chi aiuta una sorella o la figlia, chi sta raggiungendo l’abitazione di un collega di lavoro, chi semplicemente non poteva sopportare di vivere nella parte della città graziata dall’alluvione e vuole fare la sua parte per la ripartenza.

In via Gorizia ci sono molte attività commerciali: il bar Vitamina’s dove i titolari, increduli, ieri mattina hanno potuto verificare che la macchina del caffè funzionava ancora e ora sperano di poter ripartire entro pochi giorni "almeno con qualche colazione", poi il ‘frutta e verdura’ decisamente meno fortunato, la farmacia i cui contenitori per i medicinali scaduti sono stati trasportati dall’acqua cento metri più a valle. Il meccanico ammette: "Ho guardato un attimo sul retro, poi ho richiuso subito la porta perché non potevo proprio credere a quel che stavo vedendo". C’è la clinica veterinaria, il negozio di abbigliamento per taglie forti che ha portato all’esterno tristi manichini coperti di poltiglia scura. C’è la chiesa di San Benedetto: qui l’acqua è entrata risalendo i quattro gradini all’ingresso e ha lasciato sul pavimento un alto strato marrone. I volontari stanno portando fuori le panche una ad una, nel tentativo di salvarle.

Soprattutto , però, ci sono le case: a centinaia oggi inagibili, ancora colme d’acqua fangosa che si combatte un colpo di scopa dopo l’altro, cercando di ricacciarla nei tombini ormai saturi. All’operazione partecipa anche qualche bambino, con pantaloni da pesca troppo grandi o perfino a piedi nudi.

In via Isonzo , più vicina al Montone, la situazione è ancor più impressionante. La coltre di fango supera i 20 centimetri, anche in mezzo alla carreggiata. A ogni passo la poltiglia afferra il piede e lo trattiene: ci si guadagna con fatica ogni metro. Qualcuno ha portato un trattore: la sua benna riesce ad accogliere più fango, "le pale da sole qui non servirebbero a nulla". Ai lati della strada c’è un triste cimitero di oggetti di casa: ogni cosa è bagnata e grigiastra, spesso irriconoscibile e nessuno di quei ricordi personali avrà un futuro se non nella memoria dei loro proprietari. "Abbiamo perso tutto", sospira qualcuno con gli occhi lucidi e il sorriso sulle labbra. Non c’è contraddizione: c’è tristezza, sì, ma non c’è voglia di lamentarsi. Solo di lavorare. Al resto si penserà più avanti.