
Il presidente Di Palma su Rai News 24: "Siamo favorevoli a un’acquisizione che valorizzi il restante 70% e porti traffico dal capoluogo regionale". Il governatore de Pascale: "Si ragioni in prospettiva".
Si è parlato anche dell’aeroporto di Forlì, nel corso dell’intervista al presidente di Enac Pierluigi Di Palma, andata in onda mercoledì su Rai News 24. Il tema erano i piccoli scali che devono fare i conti con un numero di passeggeri inesorabilmente troppo basso. Si è partiti da Comiso, nel Ragusano, per poi citare altri casi emblematici, tra cui anche il Ridolfi, dove nel 2024 sono stati registrati 130mila passeggeri, contro una previsione di 220mila. "Qualcosa evidentemente non funziona", incalza l’intervistatrice, per poi mostrare una mappa degli scali più in difficoltà, ben due dei quali in Emilia-Romagna: Parma e Forlì.
Un grafico mostra come, nella settimana in corso, i voli siano stati molto esigui: quattro per Palermo, 3 per Katowice e uno per Tbilisi. "Noi spingiamo da anni verso un’integrazione tra Bologna e Forlì – le parole di Di Palma –, chiedendo al Marconi di acquisire gratuitamente una partecipazione del Ridolfi al 30%. L’operazione determinerebbe la valorizzazione del restante 70% e consentirebbe di trasferire traffico da Bologna a Forlì, garantendo l’equilibrio economico ed evitando problemi di saturazione". Insomma, Di Palma preme affinché si concretizzi quel sodalizio tra Forlì e Bologna del quale, in forme diverse, si parla almeno dalla scorsa estate, quando il Marconi visse settimane di forte criticità dovuta a un forte boom di passeggeri – oltre 10mila nel 2024, record assoluto per lo scalo – in concomitanza anche con alcuni lavori di ristrutturazione e allargamento, ancora in corso. In quell’occasione, però, le proposte di Forlì caddero nel vuoto. Anche sul fronte societario, si è più volte parlato della possibile apertura del capitale della società che gestisce il Ridolfi: da diversi mesi sarebbe in corso una trattativa tra F.A. e un fondo di investimento italiano con esperienza nel settore dei trasporti. A confermare l’apertura a nuovi ingressi è lo stesso vicepresidente Ettore Sansavini che si è detto disponibile "a valutare l’ingresso di partner con visione industriale e una solida presenza nel settore", confermando che "ci sono opzioni sul tavolo". Una posizione, quella di F.A. che non sembra chiudere al Marconi.
Collegato in studio anche il presidente della Regione Michele de Pascale, che si è mostrato fortemente in linea con Di Palma: "Forlì, come Parma, vive un’oggettiva difficoltà, ma va detto che sono aeroporti gestiti da privati, che, in maniera generosa, scelgono di tenere aperti gli scali con difficoltà economiche importanti. Però non si deve ragionare sull’oggi ma in prospettiva: i grandi non possono crescere all’infinito e Bologna è prossima al suo massimo. Certo, gli investimenti devono essere calibrati e anche i privati non potranno continuare a investire per sempre, però dobbiamo pensare che, se è vero che non si possono tenere aperti aeroporti senza passeggeri, è anche vero che non si può rischiare di dover rinunciare a crescere tra qualche anno".
"Se non avessimo fondato il nostro piano nazionale sulla riserva infrastrutturale – interviene Di Palma – oggi non potremmo gestire 220milioni di passeggeri". Ma non si possono fare i conti senza l’oste: a Bologna le opinioni sembrano essere in netto contrasto. Il presidente del Marconi di Bologna, Enrico Postacchini, infatti, nel corso di un incontro con il Carlino che si è tenuto nei giorni scorsi, aveva espresso particolare cautela sulla possibile integrazione regionale degli aeroporti: "Se le aggregazioni di aeroporti sono intelligenti e portano valore, ci piacciono. II punto – frena Postacchini – è che oggi in regione c’è una disparità abissale". Bologna è in testa, seguita a lunga distanza, da Rimini, con Forli Parma ben più indietro. "Le altre aree aeroportuali hanno difficoltà – ricorda il numero uno del Marconi - a giustificare la loro presenza in quel luogo. Anche se questo non significa che non occorra investire. Certo, se si dovesse lavorare su un’aggregazione regionale, che sarebbe possibile su due aeroporti e non su quattro, sarebbe in ogni caso complicato, perché gli investimenti in quelle aree sarebbero a cura delle rispettive società aeroportuali".
Sofia Nardi