MAURIZIO BURNACCI
Cronaca

Delitto di Civitella, oggi la sentenza. Atto finale dopo 20 udienze: è Daniele l’assassino del fratello?

Accusa e difesa a confronto. Gli avvocati dell’imputato hanno puntato il dito contro l’operato degli inquirenti Pompignoli: "Ci sono indizi senza valore". Corsetti: "È stata un’inquisizione"

Daniele Severi accusato della morte del fratello Franco. Oggi la sentenza del delitto di Civitella

Daniele Severi accusato della morte del fratello Franco. Oggi la sentenza del delitto di Civitella

Forlì, 23 maggio 2024 – Oggi, forse nel tardo pomeriggio, verrà emessa la sentenza nei confronti di Daniele Severi, 64 anni, autista del 118 in pensione, meldolese, una moglie e 3 figli. Daniele è accusato di avere decapitato il fratello Franco, 53 anni, agricoltore, che abitava da solo nel fondo agricolo Ca’ Seggio di Civitella; il cadavere venne rinvenuto la sera del 22 giugno 2022 in dirupo dietro l’abitazione della vittima.

Stando alle conclusioni dell’accusa, Daniele avrebbe ammazzato Franco – che per contratto doveva gestire il fondo fino al 2030 – per impossessarsi subito della terra. La pm Federica Messina (coadiuvata dalla parte civile, l’avvocato Max Starni) ha chiesto l’ergastolo per omicidio volontario, porto abusivo di arma e stalking. Ad emanare la sentenza sarà la Corte d’Assise di Forlì, due giudici togati e sei ’popolari’, che viene istituita dai dettami dell’articolo 5 del codice di procedura penale per "i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni”. L’epilogo arriva dopo venti udienze e un centinaio di testimoni sentiti dal 19 settembre 2023 ad oggi.

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La difesa: “Solo una persecuzione”

L’avvocato Massimiliano Pompignoli nella sua arringa ha puntato a sgretolare l’intero impianto accusatorio materiale, tecnico, degli inquirenti. Definendo le due "prove regine" dell’accusa "solo e soltanto indizi privi di riscontro. E queste sarebbero le prove scientifiche in mano all’accusa?", s’è chiesto Pompignoli in un gioco di rimando dialettico coi giudici della Corte d’Assise, specie quelli popolari, storicamente – per esperienza – più sensibili dei togati alle suggestioni retoriche delle due parti avverse nel processo (accusa e difesa).

Indiziato unico. Pompignoli ha prima sviscerato il tema – poi approfondito dalla collega Corsetti – della supposta "persecuzione attuata dagli inquirenti nei confronti di Daniele Severi. Già il giorno dopo il delitto Daniele è stato trattato dai carabinieri come unico, non indiziato, bensì colpevole dell’omicidio del fratello Franco. Perché? Perché i militari sono stati imbeccati dai fratelli, che da anni sono in lite con Daneiele. Gli altri fratelli infatti sono stati sentiti solo per pochi minuti. Daniele fin da subito è stato torchiato, senza che i carabinieri avessero in mano neanche un indizio materiale. E si è andati avanti così fino alla fine, senza mai cercare altre piste alternative. Franco frequentava night e sperperava soldi. Perché non s’è indagato sulle sue frequentazioni?".

Di chi sono quei guanti? "I Ris hanno estratto i guanti di Franco dall’auto di Daniele così all’improvviso. Non c’è neanche una foto del momento del ritrovamento. Perché i Ris, che filmano tutto, non hanno filmato il posizionamento dei guanti nel vano motore della Panda di Daniele? Li hanno estratti di colpo. E basta. D’altra parte – argomenta Pompignoli – quei guanti non dicono nulla. C’è solo sangue di Franco. Non c’è materiale biologico di Daniele".

Da sinistra, l’imputato Daniele Severi, l’avvocata Maria Antonietta Corsetti, e l’avvocato Massimiliano Pompignoli, durante un’udienza del processo (Salieri)
Da sinistra, l’imputato Daniele Severi, l’avvocata Maria Antonietta Corsetti, e l’avvocato Massimiliano Pompignoli, durante un’udienza del processo (Salieri)

Indagini “fallaci”. Per non parlare delle scarpe, secondo Pompignoli: "Le scarpe Daniele le indossava mentre i Ris facevano il sopralluogo. Ma come? Qui stiamo parlando, secondo l’accusa, di un delitto pianificato da mesi, e alla fine Daniele avrebbe indossato le scarpe usate per andare da Franco ad ammazzarlo mentre c’era il sopralluogo dei Ris? Non sta in piedi. E poi quelle scarpe non sono neanche un indizio: le macchie di sangue non sono databili. Da quando sono lì? Il sangue è di Franco? Ok, i due sono fratelli, si sono frequentati per anni, e quelle scarpe sono vecchissime. E dov’è l’arma del delitto? Non c’è. E non c’è neanche l’ora, visto che il medico legale non ha neanche preso la temperatua rettale della vittima. Tra l’altro l’intera scena del crimine è stata fin da subito inquinata da una tentina di inquirenti che si muovevano alla cieca senza alcun tipo di precauzione o protezione".

Inconscio inquisitorio. Per l’avvocata Maria Antonietta Corsetti, l’altro difensore dell’imputato, "sin dall’inizio nei confronti di Daniele gli inquirenti hanno agito con un inconscio inquisitorio. Hanno tentato in tutti i modi di farlo confessare. Gli dicevano: ’Confessa sennò perdi tutto ciò che hai di più caro nella vita’ Un atteggiamento che ricorda quello avuto dai pm romani nel caso Marta Russo. Un comportamento da inquisizione medievale. Daniele ha invece sempre avuto una posizione lineare, rispondendo in modo chiaro ai carabinieri, senza mai contraddirsi. Eppure l’8 luglio 2022 è stato arrestato. Sulla base di cosa? La procura non ha mai cercato piste alternative, violando in questo modo il principio di presunzione di innocenza garantito dalla Costituzione".

L’accusa: “E’ lui il colpevole”

Per la pubblica accusa "si va oltre ogni ragionevole dubbio”. La pm Federica Messina nella sua requisitoria ha specificato che questo è stato un processo “indiziario”. Ma ciò non significa “che ci si è fermati agli indizi. Quegli indizi hanno resistito all’impatto di ogni dubbio, diventando prove”. La parte civile, l’avvocato Max Starni, che tutela le ragioni dei fratelli rimanenti di Franco, schierati tutti contro Daniele, è stato più tranciante: “Questi non sono indizi, sono già di per sé prove, pistole fumanti”.

I guanti. I “questi” di cui parla Starni, sono le “prove materiali di laboratorio verificate dagli esperti dei Ris di Parma”. “Prove incontrovertibili contro Daniele Severi», sottolineano stavolta all’unisono sia la pm Messina sia l’accusa ’privata’ Starni. Parliamo dei guanti col sangue della vittima trovati nell’auto di Daniele, e delle scarpe dell’imputato macchiate da materiale ematico di Franco.

La dinamica. I guanti vengono trovati dai Ris il 27 giugno del 2022. I carabinieri li trovano nel cofano motore della Panda di Daniele. Guanti da lavoro, «intrisi del sangue della vittima». «E che cosa ci fanno quei guanti nell’auto di Daniele Severi?». Per l’accusa è la «prova lampante che Daniele sia l’assassino del fratello. E ha nascosto i guanti nella Panda – si argomenta – probabilmente per celarli nella macchina di uno dei fratelli ’nemici’, forse Romano, per incastrarlo». Un elemento «di prova che parla da solo», rimarca Starni. «Quei guanti non presentano tracce biologiche di Daniele per il semplice motivo che l’imputato, da anni esperto operatore del 118 come autista soccorritore, ha indossato quei guanti da lavoro sopra un altro paio di guanti in lattice, in largo uso nelle ambulanze», sostiene la pm Messina. «Daniele – continua la pm – ha ucciso Franco con un colpo di pistola alla testa (pistola fatta sparire, mai rinvenuta), e poi ha decapitato la vittima, con un’arma affilata, facendo sparire pure la testa, per nascondere ogni collegamento tra il cadavere e se stesso. L’azione di Daniele è stata eseguita con lunga premeditazione (visti i suoi continui sopralluoghi sul fondo di Franco) e con ogni accorgimento, utilizzando nell’atto finale tute impermeabili e altre protezioni presenti nelle ambulanze per nascondere su stesso ogni traccia ematica e da polvere da sparo. Altri indiziati? Li abbiamo cercati, ma tutti i riscontri portavano a Daniele».

Le scarpe. Le macchie di sangue nelle sneakers di Daniele, per l’accusa, vanno addirittura oltre i guanti. Le trovano i militari lo stesso giorno dei guanti. Daniele le indossava. «Di cosa ha bisogno un giudice per condannare, più di quelle macchie?» si chiede con un’abile esortazione psicoretrorica l’avvocato Max Starni. «Gli esami di laboratorio hanno stabilito che quel sangue sulle scarpe dell’imputato è di Franco, non c’è altro da dire», chiosa la pm Messina.

Il movente. Procura e parte civile sono convinte che Daniele abbia agito per poter diventare l’unico ’gestore’ del fondo agricolo di famiglia. Franco aveva un contratto che lo legava al fondo fino al 2030. Daniele prima «ha falsificato un testamento a suo favore facendo firmare il padre quasi in fin di vita» sostiene Starni, «e poi, quando ha visto che le cose si complicavano – conclude la pm Messina –, ha attuato l’omicidio, andando a Civitella la sera del 21 giugno 2023 usando un tragitto alternativo alla Bidentina. La moglie Monia ha tentato di creargli un alibi, ma poi lei stessa l’ha sconfessato, dicendo che mentiva».