Continuano proteste e sciopero ad oltranza degli operai pakistani del settore del mobile imbottito che lavorano per l’impresa Sofalegname, contoterzista del ’Gruppo 8’, davanti ai cancelli di via Gramadora. "Chiediamo l’applicazione del contratto nazionale – afferma Sarah Caudiero, del sindacato Sudd Cobas – con turni lavorativi di 8 ore per 5 giorni la settimana, con pagamento dei contributi Inps ed una soluzione abitativa decorosa per i dipendenti che vivono nella fabbrica dormitorio di via Meucci. Gli operai sono costretti infatti a lavorare 12 ore al giorno su macchinari a cui sono stati rimossi i dispositivi di sicurezza per non rallentare la produzione e per le restanti ore a riposare in fabbrica senza riscaldamento. Lo sfruttamento è la conseguenza di appalti di fornitura al massimo ribasso, con l’azienda che paga gli operai 5 euro l’ora. È per questa situazione che finora le trattative con il ’Gruppo 8’ non sono giunte ad un accordo".
Intanto ieri mattina, su proposta del prefetto di Forlì-Cesena, sono stati ascoltati dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica le sigle sindacali Cgil-Cisl e Uil, insieme alle categorie del settore del mobile imbottito. "I soggetti istituzionali e sindacali – recita una nota dei sindacati – intendono collaborare per far emergere le situazioni di gravi irregolarità a partire da quelle riferite ai rapporti di lavoro e alle condizioni con le quali, nell’ambito del conto terzi del settore, si annidano sfruttamento, caporalato nazionale e internazionale, illegalità ed evasione contributiva e fiscale". Sono tre le linee di intervento su cui si intende procedere. La prima coinvolge il Comando carabinieri per la tutela del lavoro e della Guardia di Finanza, così come l’Inail, per verificare le presunte irregolarità sulla sicurezza.
"In più la prossima settimana – precisa la nota – saranno convocate le parti sociali, sindacati e associazioni di categoria, per definire la giusta remunerazione delle commesse, debellando la piaga dell’esportazione di merci a basso costo che sta mettendo in crisi le aziende sane, favorendo un sistema di illegalità e malaffare. Il terzo tema è infine quello delle ricadute sociali, sulle quali Cgil-Cisl e Uil hanno chiesto l’intervento dei servizi sociali degli enti locali per permettere, se ci fosse la chiusura di attività illecite, che i lavoratori siano sostenuti sul versante abitativo e del reinserimento occupazionale".
Gianni Bonali