
Omicidio Severi a Forlì. Il giudice: "Daniele resti in cella"
Lucido e sbarbato. Determinato: "Signor giudice, le dico subito che io non ho ucciso mio fratello Franco": Daniele Severi, 63 anni (autista del 118 in pensione), accusato di avere ammazzato il fratello Franco, 53 anni, contadino-boscaiolo, tagliandogli la testa (che ancora non si trova), arriva ieri in tribunale poco prima delle 9 col furgone della penitenziaria direttamente dal carcere della Rocca, dov’è rinchiuso da venerdì sera. L’udienza di convalida durerà un’ora.
Il giudice dà ragione all’accusa: già alle 12.30 il gip Giorgio Di Giorgio firma l’ordinanza con cui accoglie, parola per parola, le istanze accusatorie della procura (pm Federica Messina). Daniele resta in carcere. Con l’accusa di omicidio volontario, più le aggravanti della premeditazione e dell’occultamento. Il movente – sostiene la pubblica accusa – è la gestione e la suddivisione del fondo agricolo. L’arma del delitto? Non trovata (come la testa della vittima).
Ma questo era il primo round. Il secondo, davanti ai giudici del Riesame di Bologna, si farà non appena la difesa (Massimiliano Pompignoli e Maria Antonietta Corsetti) redigerà il ricorso e lo spedirà in cancelleria alla Corte d’Appello. Dove l’udienza potrebbe essere convocata già la prossima settimana.
La difesa punta proprio sulla ’sfida di ritorno’. Per reati così gravi, come l’omicidio, nella maggiornaza dei casi, il gip, in prima battuta, difficilmente sovverte le dinamiche di un arresto. Ma a freddo la vicenda può essere letta in filigrana, con una panoramica più completa, specie da parte della difesa, che tra venerdì – giorno dell’arresto – e oggi ha avuto pochissimo tempo per preparare la propria rappresentazione dei fatti.
Daniele al giudice appare tranquillo. E dopo avere ribadito con fermezza la sua innocenza (l’aveva già fatto venerdì nell’interrogatorio di 9 ore dopo l’arresto), l’indagato risponde anche alla fatal domanda del gip Di Giorgio: "Dov’era lei la sera del 21 giugno scorso?". Il 21, stando ai risultati autoptici, è la sera in cui Franco è stato ammazzato nel suo sperdutissimo podere arroccato in un’altura di Ca’ Seggio, a Civitella (il ritrovamento del corpo ci sarà la sera dopo, lì vicino, in un dirupo). Pronta la replica di Daniele: "Ero a casa a Meldola, ho sistemato la mia auto, che aveva qualche problema". I controlli dei carabinieri sul cellulare di Daniele confermano la sua tesi: l’apparecchio radiomobile dell’indagato non s’è spostato da Meldola.
Ma il punto cardine dell’accusa – visto che la casa di Franco è immacolata: l’omicidio s’è consumato in un altro luogo – permane quella macchia di sangue (3 millimimetri circa) trovata sulle scarpe dell’indagato. Traccia ematica che, da referto dei Ris, appartiene al morto. Una pistola fumante? Per la difesa no: "Si tratta di una macchia non databile, potrebbe essere lì da mesi", rimarca Pompignoli. Cioè, da quando è lì quell’orma? La risposta potrebbe risiedere, paradossalmente, nel dossier dell’accusa: nel marzo scorso, quando Franco e Daniele si sono visti per l’ultima volta, lo stesso Franco ha girato un video col suo cellulare. Franco dice: "Daniele non fare così...". Il giorno dopo Franco corre a fare (l’ennesima) denuncia al fratello, per minacce e violenza. Che tipo di violenza? Si sono picchiati i due fratelli? È da quell’incontro che sarebbe scaturita la traccia di sangue di Franco sulle scarpe di Daniele? Per la difesa le cose potrebbero essere andate così.
E poi c’è il giallo dei guanti, trovati nella Panda dell’accusato. Sono imbrattati del sangue della vittima. Ma non ci sono impronte di Daniele. Che sull’episodio, con gli inquirenti, taglia corto: "Non so proprio come ci siano finiti i guanti di Franco nella mia macchina...".
Un dubbio in più, come se ce ne fossero pochi in questo mistero dell’Appennino, che spacca in maniera netta gran parte della popolazione delle valli bidentine, dove la famiglia Severi (sette fratelli, compreso Franco, tutti in lotta con Daniele per ragioni di eredità) è conosciutissima. "Possibile che Daniele, esile, pur se in forma, possa avere ammazzato Franco, nerboruto, e di dieci anni più giovane?" è il quesito più frequente. Per l’accusa Daniele si sarebbe avvalso di un complice. I carabinieri hanno vagliato con le telecamere sulla Bidentina centinaia di passaggi in auto. A un certo punto compare anche una Punto simile a quella di Daniele. Ma l’immagine è sfocata. E nell’auto di Daniele non ci sono tracce di sangue. La sciarada è servita. Chi uscirà per primo dal labirinto? Gli inquirenti o Daniele?
Maurizio Burnacci