ENRICO MAGNANI
Cronaca

Forlì, la storica palestra Nautilus chiude dopo 40 anni

Generazioni di sportivi e non solo si sono allenati nella struttura di via Paganelli

Fabrizio Benini, uno dei soci gestori assieme a Paco Sassi e Alessandro Bonetti

Forlì, 7 marzo 2019 - È un pezzo di storia che se ne va. La palestra Nautilus, una delle prime nate in città, aveva aperto nel 1979 per mano di Mario Pini: lunedì ha cessato l’attività chiudendo le porte dopo ben 40 anni di passione sportiva.

«Il Nautilus – spiega Fabrizio Benini, uno dei soci e gestori assieme a Paco Sassi e Alessandro Bonetti –, è stato una delle prime palestre ad avere macchine isotoniche, le famose Nautilus americane, da cui prese poi il nome».

L’arrivo di quegli attrezzi ginnici in città è anche circondato da un alone fra mistero e leggenda. «Si dice che Nerio Alessandri venne a Forlì a studiare quelle macchine, da cui poi prese spunto per la sua Technogym». Dalla leggenda ai vip: «Questa era la palestra forlivese di Jovanotti, ma qui venivano ad allenarsi anche i grandi campioni della serie A di basket o di volley. E’ la fine di un’era».

Non solo palestra, la storica attività in via Paganelli 5, infatti, al suo interno conteneva un vero e proprio centro Spa «con sauna, bagno turco e idromassaggio – continua Benini –. Tutto in muratura, non in prefabbricato. Insomma, una visione di quella che oggi viene definita wellness valley, però in netto anticipo sui tempi». E fu proprio questo a fare del Nautilus un vero fiore all’occhiello.

«Basti dire che negli anni ’80 c’erano abbonati persino da Bologna. Col tempo però il fiore è man mano appassito e, complice una serie di cose, siamo arrivati a questo triste epilogo».

Nel frattempo a Forlì nascono una serie di altre palestre, «oggi se ne contano una trentina, tutti competitor molto forti», e la crisi ha fatto il resto. «La gente non si poteva più permettere di pagare qualcosa che usava poco, o addirittura mai. Con questo passaggio si è andato a destrutturare l’idea stessa del Nautilus, un modello che sin lì aveva funzionato». Oggi si pensa alla palestra low cost, addirittura alcune senza doccia. «Il nostro era un valore aggiunto, percepito, che negli anni è sfumato. Basti dire che in generale gli abbonamenti sono calati del 30-35%: l’utente lo percepisce come risparmio, ma non è detto che sia così».

Dopo 40 anni, la ‘botta’ è stata grossa. «Abbiamo visto tanta emotività in questi giorni – dice l’ex istruttore –, c’è chi ci ha dato dei truffatori perché ha perso qualche decina di euro di abbonamento, ma anche tanti clienti che sono venuti piangendo, dispiaciuti».

E proprio per questi ultimi, la società ha deciso di spendersi cercando accordi con altre strutture, per garantire un continuo nel percorso di allenamento. «Abbiamo trovato cinque palestre – spiega Benini –, in diverse zone della città, con le quali i nostri vecchi abbonati possono convenzionarsi».

Sono la Sport Planet, la Life Project, il centro Libertas, la Monkey Up e l’Arena Fitness. «Ciascuna di queste strutture si è resa disponibile ad accogliere i nostri associati gratuitamente fino a quattro mesi. A differenza di altre palestre, che hanno chiuso con un cartello fuori e basta, abbiamo fatto capire ai nostri clienti che ci preoccupiamo ancora per loro, cercando di offrire un passaggio il meno doloroso possibile. Perché questa situazione, prima di tutto, fa male a noi».