Shakespeare tra satira e umorismo dialettale

’Stivalaccio’ proietta il pubblico nella Venezia del lontano 1574, dove si reclama ’la più grande storia d’amore di tutti i tempi’: ingegnoso falso storico .

Shakespeare tra satira e umorismo dialettale

Shakespeare tra satira e umorismo dialettale

Il pulviscolo dell’atmosfera costruisce striature tra i fasci luminosi, un crepuscolo che preannuncia ignoti passi alle spalle delle poltrone, sulle quali sprofondiamo man mano che le voci s’avvicinano. Assieme al silenzio, capitolano le aspettative, creando un’atmosfera inaspettata rispetto alla raffinatezza dell’opera shakespeariana: ’il primo soffio vitale: teatro!’. Eccoci proiettati dai tre attori nella Venezia del lontano 1574, dove si reclama ’la più grande storia d’amore di tutti i tempi’, infinita a tal punto che, ai più arguti, parrebbe ancor non essere stata concepita! Un ingegnoso falso storico, dal momento che la tragedia non era ancora stata scritta, ma funzionale alla trama, che ruota attorno ai comici Giulio Pasquati e Girolamo Salimbeni e alla cortigiana Veronica Franco, vissuti in quell’epoca e riportati grottescamente in vita dalla straordinaria compagnia Stivalaccio Teatro. Che non si aspettino, lorsignori, una barbosa sequenza di eventi: l’immediatezza e la dinamicità dello spettacolo s’evincono persino dalla scenografia di Nonnato, che assieme ai costumi di Munaretti e alle maschere di Macchi, definiscono i presupposti ideali per un’improvvisazione da canovaccio, tipica dell’epoca rievocata. Così tutto semplicemente avviene su un umile palchetto in legno, eppure ancora capace di ripiegare e dispiegare il destino dei due ciarlatani saltimbanco, col presentarsi inaspettato di un’imperdibile occasione: inscenare ‘Romeo e Giulietta’, intrattenendo Enrico III per una sola notte, così come aveva fatto nell’effettivo Veronica Franco; come non insinuarla sotto le lenzuola del letto di scena? Di qui, a partire dal buffo accostarsi dell’amor sacro e l’amor profano, con Giulietta interpretata proprio dalla nostra colta passeggiatrice, si anima il metateatro plautino laddove s’inciampa, mediante la continua rottura dell’illusione scenica, tra scene shakespeariane accuratamente riportate e un dialettale umorismo, melodiose canzoni e stravaganti suoni onomatopeici, si scivola in una pungente satira che presenta lo stereotipo distruggendolo dietro l’ombra ingenua del collettivo riso?

Sara Carnevale e Greta Baldassari, 5ªB Liceo Carducci (Forlimpopoli)