Imola, 3 luglio 2023 – Via dal posto fisso nella pubblica amministrazione. Via dall’ospedale nonostante gli anni di studi, il concorso sostenuto e la lunga attesa per entrare in corsia in maniera stabile "perché adesso ho capito che nella vita posso non per forza essere ’solo’ un’infermiera".
La storia di Martina Mirri, 32enne imolese è una delle tante dimissioni volontarie maturate all’indomani della pandemia. Ma nel suo caso in particolare si lega a doppio filo alla gestione dell’emergenza da Covid19.
Partiamo dall’inizio. Chi era Martina fino a un anno fa?
"Un’infermiera a tempo indeterminato della Neuropediatria dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 2019. E prima ancora di entrare nella sanità pubblica avevo lavorato in libera professione come infermiera in una casa di riposo dell’Imolese".
Cosa l’ha spinta a puntare dritto sul posto pubblico?
"Un pensiero comune a molti: volevo, per il mio futuro, costruire una famiglia con tranquillità, così ho tentato due concorsi. Uno per Montecatone e l’altro per il Bellaria. Ho atteso per tre anni in graduatoria e alla fine sono entrata".
Un sogno realizzato quindi?
"Sì, o almeno è quello di cui ero convinta in quel momento".
Poi cos’è successo?
"Dopo qualche mese è esplosa la pandemia. E con convinzione tutti ci siamo spesi per l’emergenza: eravamo dove dovevamo essere, per professione e per vocazione. Aiutare le persone è ciò che mi ha spinto a voler essere infermiera".
Ma?
"Ma a un certo punto della pandemia è cambiato qualcosa: con l’obbligo vaccinale per i dipendenti pubblici improvvisamente da eroi siamo diventati numeri per l’azienda e io sono finita etichettata come una no-vax qualunque. Non mi sono sentita compresa".
Cosa dovevano capire?
"Avevo preso il Covid a gennaio 2021, ma quando è scattato l’obbligo vaccinale io stavo cercando di ’allargare’ la famiglia. Non ero convinta fino in fondo delle spiegazioni mediche che ricevevo, ci ho riflettuto a lungo se vaccinarmi per lavorare, ma quell’imposizione l’ho vissuta come qualcosa che si frapponeva tra me e il mio sogno. Il giudizio della collettività non ha fatto altro che farmi sentire ancora più esclusa. E per la prima volta ho messo me davanti agli altri".
Poi cosa è successo?
"A ottobre 2021 sono stata sospesa senza retribuzione e non ho lavorato per un anno, fino a quando al momento di rientrare ho scelto a malincuore di dimettermi: non è stato semplice alzare bandiera bianca, ci ho messo due mesi a riprendermi".
Cosa ha fatto in quest’anno?
"Quando è scattato l’obbligo di Green pass non potevo praticamente far nulla in Italia, non potevo avere una vita ’normale’. Il mio compagno stava partendo per un viaggio di lavoro a Barcellona e l’ho seguito: là sono rinata, ci sono rimasta alcuni mesi e ho capito che posso vivere in ogni parte del mondo, a prescindere dal lavoro".
Cosa farà ora?
"Ancora non lo so. Ho seguito un corso di videomaking e photoshop, e ho approfondito la lettura dei tarocchi: due attività che mi hanno ridato uno scopo di vita, sono fiduciosa".