
di Gabriele Tassi
Sembrano coltivate a due passi dal cielo, dove i Gessi di Tossignano incontrano l’orizzonte. Oltre due anni d’attesa stanno per concludersi con la raccolta della prima mandorla letteralmente ’made in Imola’. "Una coltura, rigorosamente biologica, che ho scelto per provare ad aprirmi una nuova nicchia di mercato tra quelli che sono i veri cavalli di battaglia del nostro territorio, come per esempio le albicocche". Chi parla è Stefano Lelli, 46 anni, produttore, esportatore locale e discendente di una famiglia che da sempre ha lavorato la terra.
Lo dicono 108 ettari di colture, di cui 9 sono stati destinati negli ultimi tempi a mandorleto, in una sorta di paradiso terrestre. Un pendio esposto a sud "per prevenire l’umidità" e allo stesso tempo "coperto alle spalle dai gessi di Tossignano". Un pendio dove Lelli ha piantato quattro varietà di mandorla differente (la Avijor, la Tuono, la Bellona e la Falsa Mollesca), proprio per testare la resa e l’adattamento di una coltura sostanzialmente nuova per il territorio imolese. Sì, perché come lui ha fatto, con un anno di anticipo, il suo vicino, Stefano Dardi – pronto al raccolto dalla metà di settembre –, per quello che probabilmente sarà un unicum nella nostra zona.
Da qui le aspettative, perché Lelli, alla vigilia del primo raccolto (che per lui sarà intorno al 15 di agosto) comincia a farsi qualche conto. La stima è quella di ottenere circa 4550 quintali di prodotto con guscio in questa stagione. L’obiettivo? Neanche a dirlo è la grande distribuzione, con altri 9 ettari di terreni in ’rampa di lancio’ per essere piantumati. "Punto ad arrivare a un prodotto finito – prosegue Lelli – magari con l’acquisto di una smallatrice (le mandorle hanno il ’mallo’ come le noci, ndr), di un essiccatore e di un calibro per fare selezione". Per ora comunque la base di partenza e buona, grazie a un impianto di irrigazione ad hoc e una coltivazione semintensiva con circa 1.600 piante per ettaro.
Anche Stefano Dardi, 28 anni e titolare della sua azienda agricole, (il vicino), dopo un raccolto ’di prova’ lo scorso anno si prepara a raccogliere i frutti del suo lavoro. "Avendo i terreni a 520 metri di quota, esposti a nord e senza irrigazione – spiega – ho scelto delle piante che avessero un certo grado di rusticità e che potessero essere una buona alternativa alla frutta fresca in un periodo segnato dai cambiamenti climatici e dai prezzi in continua altalena".
Storie di due imprenditori che hanno scelto la via del biologico e che "rappresentano la filosofia di adattamento dei nostri agricoltori – commenta Alessandro Scala, segretario della Coldiretti nostrana –. Facendo un’analisi della richiesta di frutta fresca in Vallata negli ultimi anni la situazione può apparire molto critica, per questo è diventato sempre più importante diversificare la propria produzione, oggi grazie a un filone come quello delle mandorle, praticamente inedito per il nostro territorio (a parte piccoli casi isolati) e ancora quasi tutto da esplorare in regione".
Insomma, secondo il referente di Coldiretti non si parlerebbe tanto di ’nicchie di mercato’ , ma piuttosto di ’corridoi’, considerando che "il nostro paese – prosegue Scala – per quanto riguarda la frutta a guscio è estremamente dipendente dall’importazione estera. Il lancio di una nuova filiera italiana potrebbe essere importante perché anche i grandi trasformatori tricolore stanno cercando di creare delle vere e proprie catene che vadano dal campo allo stabilimento. Con la garanzia di un prodotto italiano, di qualità e al 100% biologico".