PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

Coma etilico in classe a Macerata, il neuropsichiatra: "C’è chi inizia a 11 anni"

Il primario Pincherle e il caso della ragazza a scuola: "C’è un aumento pauroso della sofferenza psicologica, in crescita anche i disturbi del comportamento alimentare"

Sos alcol tra i giovanissimi, il caso della ragazzina in coma etilico in classe a Macerata (foto di repertorio)

Macerata, 2 aprile 2023 – “Purtroppo capita sempre più spesso che ci siano problemi con i ragazzi – è l’allarme del dottor Maurizio Pincherle, primario della neuropsichiatria infantile di Macerata –, situazioni di grande sofferenza psicologica: usano sostanze, la cannabis a 13 o persino 11 anni, l’alcol a 11 anni, oppure, sempre a 11 anni, iniziano a tagliarsi. E sono in aumento anche i disturbi del comportamento alimentare. C’è un aumento pauroso della sofferenza psicologica nell’età evolutiva, dalla preadolescenza ai 25 anni".

Per quali motivi?

"Li stiamo studiando da una decina di anni, da quando si registra un trend di aumento degli accessi alla neuropsichiatria. Negli ultimi tre anni l’aumento è diventato del 30 per cento, a causa del lockdown dovuto al Covid. La Dad è stata deleteria, perché la scuola non è solo apprendimento, ma anche socializzazione, esperienze da condividere con compagni e professori. Stare chiusi in casa a studiare solo per una prestazione è sbagliato, e i ragazzi si sono riversati sui telefonini, su Tiktok o Instagram".

L’aumento di accessi al reparto è arrivato con il Coronavirus?

"No, dopo il lockdown c’era stata una diminuzione, perché non si usciva più, e ci ripetevamo "ce la faremo". Invece poi è arrivata l’onda lunga, che ancora stiamo sperimentando. E i dati regionali sono in linea con quelli ministeriali".

Come si può rimediare?

"Ne abbiamo parlato anche con il rettore McCourt alla radio universitaria: si devono aprire il più possibile le scuole alla frequenza. Lui ha aperto la biblioteca 24 ore su 24, per far socializzare i ragazzi. Bisogna fare cultura nelle scuole, farli tornare il più possibile a scuola, anche perché la cultura è la cura migliore contro il disagio".

E le famiglie possono fare qualcosa?

"Anche le famiglie sono in difficoltà: hanno vissuto le malattie o la morte di persone care. E poi la crisi finanziaria. Anche gli adulti hanno avuto un ritorno negativo, si vedono anche le sindromi depressive dei genitori. Se un bambino sta molto male, è facile che ci siano problemi nel nucleo familiare, e bisogna indagare per quello che si può. La società intera è sofferente, l’età evolutiva è quella che lo dimostra di più. Ultimamente si diceva che la scuola era responsabile delle crisi depressive dei ragazzi, invece no: una sana competizione anzi fa bene. Incontrandosi tra loro i ragazzi vedono in cosa riescono, in cosa riescono meno, c’è qualche piccola frustrazione che fa bene comunque. Anche in famiglia qualche no in più fin da piccoli serve, per insegnare a tollerare le frustrazioni, a cui altrimenti i bambini sono del tutto impreparati. I ragazzi sono molto fragili, vanno aiutati a superare questa fase".

Si nota in particolare un aumento nell’uso di alcol?

"Vediamo dipendenze patologiche dal gioco, dalla cannabis e dall’alcol. Quando c’è una dipendenza, c’è da riempire un vuoto, e i ragazzi lo ammettono. Non sanno programmare il futuro. Lanciarsi nel futuro, programmare un obiettivo è importante perché dà una metà. Loro invece cercano di vivere il presente nel modo più felice possibile, e allora vanno bene i giochi, o persino la cocaina a 13 anni. Si rovinano il cervello così, perché i danni sono gravissimi. Non sanno che si può stare bene quando si raggiunge un obiettivo. Se chiedo ai ragazzi cosa vogliono fare da grandi, 9 su dieci non lo sanno, persino a 17 anni. La scarsa tolleranza delle frustrazioni li spinge a non saper posticipare una soddisfazione, vogliono tutto e subito. Tempo fa, una donna è venuta con la milza rotta, era stata aggredita dal figlio 12enne. Ci sono ragazzi che danneggiano i genitori e i fratelli minori, e la famiglia continua a proteggerli. Invece bisogna avere il coraggio di denunciare un figlio se fa uso di droghe e torna a casa spacciando tutto, potrebbe essere l’unico modo per dargli una chance".