Scuola Ascoli, lunedì il primo giorno. Il sindaco: "Studiare è imparare a crescere"

Si torna sui banchi. Castelli ricorda Falcone e Borsellino: “Imitate gli eroi di tutti i giorni"

Primo giorno di scuola (Ansa)

Primo giorno di scuola (Ansa)

Ascoli, 15 settembre 2018 – Conto alla rovescia per l’inizio della scuola. Lunedì lo squillo della campanella darà il via al nuovo anno scolastico per gli studenti di ogni ordine e grado di Ascoli. A loro, agli insegnanti e ai genitori il sindaco Castelli rivolge il suo augurio. Ecco il messaggio integrale del primo cittadino: “Carissimi concittadini di tutte le età, studenti, insegnanti, genitori ancora una volta si torna a scuola. Il primo giorno dell’anno scolastico è una data importante nel calendario della nostra Comunità. Un vero e proprio rito sociale, se ci ricordiamo che l’educazione dei giovani è una delle basi su cui la collettività costruisce la propria continuità futura. Come una corsa a staffetta, in cui i più grandi trasmettono ai più piccoli un ‘testimone’ - l’educazione - e che ha come traguardo il crescere, imparare a conoscere le proprie doti, divenire adulti non solo nel fisico ma nello spirito e nel carattere. 

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O meglio, così dovrebbe essere. Siamo franchi – oggi non pare proprio che le cose stiano così. La ‘crisi educativa’, di cui tanto si parla, c’è davvero. E ci coinvolge tutti: allievi, docenti, famiglie, amministratori. Rubo le parole a Paola Mastrocola; scrittrice ma prima di tutto insegnante, una che non parla per sentito dire. Lo studio, dice, da attività centrale e compito precipuo nella vita dei ragazzi, «è divenuto una sorta di optional, per lo più ritenuto inutile e spesso addirittura disprezzato». Come è successo?

Beh, in primo luogo siamo in piena ‘rivoluzione informatica’. In relazione coi nostri simili e il nostro mondo ci siamo stati sempre. Ultimamente però siamo entrati in una sfera di telecomunicazioni istantanee a scala planetaria; le conseguenze si fanno sentire. Tra i cosiddetti ‘nativi digitali’ (e non solo tra loro) cresce la convinzione che il modo di sapere tradizionale - imparare metodi e immagazzinare dati – non serva più. ‘Studio’ vuol dire ‘impegno’ e dunque fatica: intellettuale e fisica, star fermi col corpo e concentrati con la mente. Ma perché fare fatica se qualunque informazione oggi è a portata di mano con un solo clic? A questa «difesa dell’ignoranza» - sempre parole di Paola Mastrocola – contribuiamo un po’ tutti. I media e i personaggi mediatici più in vista e quindi più influenti (sportivi, gente di spettacolo, politici, intellettuali) fanno a gara per proporci un mondo virtuale e violento, dove conta solo farsi largo con qualsiasi mezzo per diventare sempre più visibili e quindi ricchi e potenti. Ma anche noi, gente comune, finiamo per crederci e questo ha ricadute enormi sulla nostra vita quotidiana e, dunque, anche sulla scuola. Si cede all’etica dell’utile, che ‘monetizza’ ogni aspetto della vita: e la scuola si riduce a ‘diplomificio’ e a terreno di scontro occupazionale. Si cede all’etica del benessere a tutti i costi, che crea solo ‘sazietà disperata’: e la scuola si riduce a spazio dove scaricare tensioni o in cui tentare spericolati quanto dissennati esperimenti di ingegneria sociale.

Tutto questo non fa bene ai rapporti tra famiglia e scuola (sempre più spesso inquinati da sfiducia o antagonismo) e soprattutto impedisce alla scuola di essere ciò che dovrebbe. E cioè non un luogo di semplice trasmissione di informazioni ma uno spazio di crescita, per i ragazzi ma anche per gli insegnanti. Il secondo luogo di crescita dopo la famiglia. Un luogo in cui imparare a confrontarsi con adulti che non sono familiari, insegnanti alle prime armi o prossimi alla pensione. Uno spazio in cui mettersi alla prova, rischiare e anche sbagliare, di quegli sbagli che servono per capire quale è la strada giusta. Per imparare a conoscersi, a stimarsi e ad avere in se stessi una fiducia nutrita di esperienza. Mi direte che sono sogni, utopie nutrite di facile retorica ‘populista’? No, miei cari concittadini di tutte le età! Questa è la scuola come deve essere, se vogliamo che da essa venga fuori una vera ‘buona società’. È la scuola in cui credeva – e per cui ha dato la vita, da martire - un sacerdote come Padre Pino Puglisi. È la società in cui credevano – e per cui hanno dato la vita, da martiri – giudici come Rosario Livatino, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Non sono nomi fatti a caso: sono i nomi di chi ha lottato contro la mafia sapendo bene che per sconfiggere la cultura mafiosa l’arma più efficace è toglierle il consenso, soprattutto tra i giovani e i bambini. Noi tutti siamo chiamati a imitare questi eroi di tutti i giorni, nella loro vita ordinaria, nel lavoro ben preparato (anche nei dettagli noiosi), nell’evitare le scorciatoie, le chiacchiere, le lagne inutili. Pagando il biglietto, non copiando i compiti, piccole cose che però aiutano a crescere davvero, che si abbiano dieci, diciotto, ventotto o sessant’anni. Perché c’è sempre spazio per andare più in là, per imparare qualcosa di nuovo, per scoprire come guardare con occhi nuovi il panorama che c’è fuori dalle nostre finestre e le buone cose che abbiamo sempre sotto il naso, nelle nostre case, nelle strade e nelle piazze della città, nelle nostre scuole. E quindi a tutti voi: buon anno scolastico e buon cammino, nel viaggio della scuola e in quello della vita che verrà”.