Era il lontano maggio del 2015 quando i tre dirigenti del consorzio siciliano l’Oasi furono rinviati a giudizio a seguito delle diverse irregolarità riscontrate nella gestione del Cie di via La Marmora. Gli imputati, infatti, erano finiti a processo con l’accusa di frode nelle pubbliche forniture: non avrebbero garantito servizi adeguati agli stranieri ospiti della struttura, in particolare i pasti e sarebbero emerse parecchie irregolarità nella contabilità. Ieri mattina, al termine di un dibattimento durato anni la pubblica accusa ha chiesto tre anni di carcere per l’ex direttore Marco Bianca e l’assoluzione per Ettore Marzi, tutti difesi dall’avvocato salernitano Pierluigi Spadafora. Il presidente Emanuele Midolo, invece, è nel frattempo deceduto. La sentenza è attesa per il prossimo 17 maggio. L’associazione Asgi, con l’avvocato Gianpaolo Ronsisvalle si era costituita parte civile al processo. Secondo la pubblica accusa il consorzio siciliano avrebbe a partire dal 2012 ‘truccato’ la contabilità del Cie al fine di far risultare spese che in realtà non sarebbero mai state affrontate. L’Oasi aveva ottenuto l’appalto da quasi due milioni di euro presentando una offerta nettamente al ribasso che l’allora prefetto Benedetto Basile aveva giudicato adeguata (tra le polemiche). Secondo la procura una parte importante dei due milioni non erano mai stati spesi per l’assistenza ai clandestini del Cie. Ieri in aula il legale degli imputati ha sottolineato come l’Oasi avesse vinto gli appalti anche a Trapani e Bologna e come si fosse visto costretto, attraverso ‘risorse personali’ a far fronte alle situazioni per poi pagare dipendenti e forniture.
CronacaGestione del Cie, chiesti tre anni per l’ex direttore accusato di frode