Sessant’anni, la durata di una vita. Nei suoi occhi scorrono ancora le terribili immagini di distruzione e di morte. Come se la tragedia del Vajont fosse successa ieri. Anacleto Giusti, Chino per gli amici, sottotenente della Finanza in pensione, di Miceno di Pavullo, domenica scorsa ha partecipato a Longarone alla commemorazione del 60° anniversario del disastro che costò la vita a 1.910 persone, presente il capo dello stato Sergio Mattarella. C’erano anche i suoi colleghi soccorritori dell’epoca e 55 superstiti. "Sono ritornato a Erto e a Casso dove fummo inviati. Allora ero un giovane finanziere e prestavo servizio alla dogana a Tarvisio, al confine con l’Austria. La sera del 9 ottobre, alle 22,39 avvenne il disastro, fummo svegliati e ci inviarono a prestare soccorso alla popolazione di Erto e Casso. Arrivammo al mattino presto. Lo scenario che si presentò alle luci dell’alba era desolante, ci lasciò senza parole. Ci indicavano un punto dove esisteva una fila di case, ma non c’era più niente. La violenza dell’acqua aveva spazzato via anche le fondamenta". Il gruppo di finanzieri di cui faceva parte Anacleto Giusti fu affiancato ai vigili del fuoco. "Nel lago che si era formato galleggiava di ogni cosa, materassi, porte, bombole da gas, legname e, purtroppo, cadaveri, tanti cadaveri. I vigili del fuoco, con i canotti trainavano a riva quei poveri corpi senza vita e noi aiutavamo a portarli in vetta alla salita. Poi li portavamo nella palestra di un paese vicino dove e venivano composti per il riconoscimento. Ogni cadavere aveva sul petto un biglietto. Gli identificati con nome, cognome ed età, mentre c’erano sesso, presunta età e qualche altro particolare di quelli ancora ignoti. Non mi sono mai scordato che molti cognomi erano Filippin e Corona. Contribuivamo anche alla sepoltura in fosse comuni". Soccorsero anche superstiti ‘Chino’ e i suoi colleghi, persone che abitavano nella parte alta non colpite dall’onda generata dal distacco del Monte Toc finito nelle acque della diga con conseguente inondazione. "Non dimenticherò mai – racconta ‘Chino’ – una signora anziana, obesa, che aveva perso i familiari, la casa e tutte le sue cose. Avemmo l’ordine di portarla al posto di ritrovo, ma lei non voleva. Si sdraiò a terra e ripeteva: ’Da qui non mi muovo, se mi uccidete mi fare un piacere’. Piano piano riuscimmo a convincerla". Rimasero a Erto e a Casso una ventina di giorni Giusti e i suoi colleghi. "Domenica scorsa sono ritornato nel cimitero di Erto – racconta – nel luogo ove seppellimmo i morti, che sono stati riesumati e posti in una cappella unica. Nella tragedia morirono 487 bimbi. Ci hanno consegnato un diploma e quando noi soccorritori li abbiamo ringraziati ci hanno risposto: ‘Siamo noi a ringraziare voi’. Hanno inaugurato una strada, Viale soccorritori del Vajont.
Walter Bellisi