REDAZIONE MODENA

Le scuole Mattarella nel ’club’ dell’eccellenza

Lo studio di Fondazione Rocca e TreElle premia l’istituto diretto da Daniele Barca. Tra le innovazioni niente classi, ma dipartimenti

di Paolo Tomassone

Nella scuola di don Lorenzo Milani, a Barbiana, c’era un solo libro di testo e i ragazzi, a turno, leggevano la lezione e il prete rivoluzionario la spiegava. Sessant’anni dopo sono cambiati gli strumenti, al posto dei libri ci sono i tablet per tutti, ma la volontà di far sentire gli studenti parte viva e integrante della scuola è sempre la stessa. Questo è il modello dell’istituto comprensivo Modena 3 (le Mattarella) preso in esame nello studio sulla scuola primaria e secondaria condotto dalla Fondazione Rocca in collaborazione con l’associazione TreElle. Lo stato della scuola italiana, secondo il rapporto, è "stagnante"; ci si è fermati a un "modello del secolo scorso"; per non parlare delle scarse anzi scarsissime risorse che lo Stato riesce a garantire. "Chi ha la fortuna di nascere nella regione giusta o in una famiglia colta e benestante – spiega lo studio della fondazione – può ottenere molto dalla scuola e costruire un bagaglio con cui farsi strada all’università e nel mondo del lavoro. Gli altri, per lo più, rischiano di finire ai margini di una società che dipende sempre più dalla conoscenza". Poi, però, ci sono le eccezioni. Come quella emiliano-romagnola. E, per stare in casa nostra, quella delle Mattarella alla periferia della città. Qui sono sparite le targhette che indicano la classe e la sezione a seconda dell’età, per far spazio ai "dipartimenti", perché tutti si devono sentire autonomi quando entrano a scuola. "I ragazzi ruotano nella scuola e girano nelle aule, perché ogni aula appartiene all’insegnante, a piano terra ad esempio è collocato il dipartimento di italiano, al piano superiore quello di matematica e scienze e quello di lingue, questo ha dato fin da subito una impronta di massima autonomia – spiega il dirigente scolastico Daniele Barca –. Il fatto di stare sempre in classe in qualche maniera comprimeva l’atmosfera, invece poter muoversi all’interno della scuola e dei diversi dipartimenti nell’orario delle lezioni, fa sentire i ragazzi parte viva e integrante della scuola, stimolandone l’inclusione e l’assertività". I ragazzi hanno un badge, a tutti viene consegnato un tablet anche a chi non se lo può permettere, perché tutti devono essere messi nelle condizioni di poter esprimere i propri talenti (concetto caro a don Milani). "Tale metodologia didattica – continua Barca – ha permesso negli anni di poter ‘tenere i ragazzi nel cerchio’, dentro scuola e al tempo stesso di aprire la scuola al territorio. Inoltre sono stati creati i club, dei laboratori multidisciplinari chiamati ‘steam’s sisters’ in cui vengono svolte materie-non materie, a fianco di una azione di tutoraggio condotta da insegnanti di sostegno che non lavorano singolarmente, uno a uno, ma con porzioni intere di classi". Un metodo che è risultato efficace anche nella lotta all’abbandono scolastico. Una vera e propria svolta a partire dall’eliminazione dei voti che tanto fanno disperare gli studenti. Al posto del giudizio secco espresso in numeri viene scritta ai ragazzi una lettera in cui lo si elogia: "stai facendo del tuo meglio", "stai migliorando", "cerca di dare di più" con l’idea di non abbandonare nessuno e fare in modo che il voto non sia un sistema per selezionare ma, come dice la Costituzione, un mezzo per rimediare alle difficoltà di tutti. "Quando il progetto è partito – ricorda il dirigente scolastico – si registravano all’incirca una decina di casi di abbandono ma grazie al lavoro di valorizzazione delle competenze, non solo insegnare loro a leggere, a scrivere o fare di conto, ma di potenziamento dei talenti, il tasso di dispersione è sceso a valore zero. Tanto che alla prova multidisciplinare di fine d’anno, si fanno parlare anche ragazzi con storie sul percorso di studio e sulle difficoltà incontrate".