
L’ostetrica Maria Pollacci
Lama Mocogno (Modena), 18 febbraio 2019 - Una vita passata ad aiutare le madri a mettere al mondo figli. Un compito delicato e prezioso che, qualche settimana fa, ha fruttato all’ostetrica Maria Pollacci, nata a Lama Mocogno, sull’Appennino modenese, 94 anni fa, niente meno che l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. La Pollacci, ancora in attività, durante la sua lunga carriera ha fatto nascere ben 7664 bambini, l’ultimo un mese e mezzo fa nella casa della gestante. Numeri da Guinness dei primati.
Dobbiamo chiamarla cavaliere?
«Ma... sì, ve lo permetto. Mi hanno combinato anche questa sorpresa, come quella di due anni fa quando mi hanno invitata al Festival di Sanremo e come quando, nel 1961, mi fecero entrare nella gabbia dei leoni col figlio di due circensi in braccio. Sapesse che festa mi hanno fatto in Prefettura quando mi hanno dato la medaglia di cavaliere! C’erano tante autorità, avevano preso anche un cantante e alcuni musicisti».
Maria Pollacci, l’ostetrica d’Italia da guinness, 94 anni compiuti, Cavaliere al merito della Repubblica, durante la sua vita professionale iniziata nel 1945 ha fatto nascere 7664 bambini.
«Il mio primo bambino l’ho fatto nascere a Lama Mocogno, sull’Appennino modenese, il mio paese di origine. Ora ha 74 anni, è nato il 3 settembre 1945 e si chiama Francesco Martelli. Tutti gli anni ci troviamo a Lama dove abbiamo una casa».
Lei ha iniziato la professione a Lama?
«No, a Montecreto, nel 1945. Mi ero appena diplomata a Modena. A Montecreto rimasi quattro anni, con un contratto che veniva rinnovato di sei mesi in sei mesi. Poi vinsi un concorso a Trento e dopo uno a Pedavena, nel Bellunese, dove abito ora. Erano anni difficili quelli di Montecreto».
Ci racconti quell’esperienza.
«La guerra era finita da poco. C’era tanta miseria. L’acqua potabile mancava ancora nelle case e il bagno era fuori. L’unico telefono del paese l’aveva un locale pubblico che alla sera chiudeva. Mi venivano a prendere a piedi se avevano bisogno. Quanto ho camminato! Anche d’inverno, con tante neve. Poi, in paese mancava il medico. Quello più vicino era a Riolunato, distante 15 chilometri. Allora le donne partorivano tutte a casa».
Ha fatto molti parti in casa?
«Sì, tanti. L’ultimo due mesi fa. Continuo a fare i parti in casa. Io seguo le partorienti sin dall’inizio. Durante la gravidanza vengono a farsi vedere, impariamo a conoscerci. Faccio fare loro gli esami in ospedale, perché, in caso di bisogno, voglio avere tutto pronto. Per fortuna ne ho ricoverate pochissime. Io non rischio e cerco di prendere parti fisiologici».
Abbiamo saputo che lei sa riconoscere se il nascituro è maschio o femmina.
«Lo riconosco dal battito. Li indovinavo quasi tutti, ma adesso no, perché non ho più tanta pratica. Assisto meno partorienti di un tempo, allora ne avevo tutti i giorni. Ma sbagliano anche quelli dell’ecografia».
Da pensionata attiva, collabora con le colleghe ostetriche?
«Eccome! Tutti gli anni mi invitano a Trento a parlare della mia esperienza alle aspiranti ostetriche. Io dico sempre loro che la nostra è una professione bellissima, penso che non ce ne sia una più bella. Bisogna svolgerla come una missione, perché aiutare a venir alla vita è una cosa entusiasmante, è come una magia. Ci vogliono tanto amore e umanità, una buona preparazione e competenza per poter essere in grado di stare accanto alla donna in un momento così bello e importante».