ALESSANDRO TREBBI
Cronaca

Petrella: "Se Modena chiama non puoi dire no"

Prime parole da allenatore gialloblù per il classe ’89 che cita Lorenzetti: "Sono qui grazie a lui, per me questo è come un compleanno"

di Alessandro Trebbi

C’è un nome ricorrente, nel giorno della presentazione di Francesco Petrella come capo allenatore della Modena dei prossimi tre anni. È quello, forse ovvio, mai banale, di Angelo Lorenzetti. "Mi ha insegnato tanto, quasi tutto – attacca lo stesso Petrella – ma soprattutto una cosa: che se Modena chiama, non si può mai dire di no, è il primo consiglio che mi ha dato quando gli ho raccontato della telefonata di Giulia Gabana". Deciso, pronto, convinto dei propri mezzi e di quelli della squadra, il tecnico modenese purosangue classe 1989 non è spaventato dal fatto che la sua prima esperienza come primo coach sia sulla panchina più prestigiosa d’Italia, quella della società di viale dello Sport.

Petrella, parliamo del suo ‘papà’ sportivo?

"Beh sì, il nome di Angelo Lorenzetti è venuto fuori diverse volte in queste ore: se oggi sono qui devo a lui un pezzo enorme di questa cosa. La quotidianità di pensare alla pallavolo insieme è ciò che mi ha dato, ma anche quello umano è un lato che, vissuto tutti i giorni, è straordinario. Devo tantissimo a lui, come devo tantissimo a Modena, a Giulia Gabana, a Casadei a Sartoretti".

Profeta in patria?

"Sono davvero entusiasta, e sono una persona privilegiata: sono un allenatore di Modena e alleno a casa mia, impagabile". Non le pesa nemmeno un po’ il nome che ha sulla maglia?

"So che le mura di questo palasport sono piene di storia, una storia che io per primo e tutti dovremo imparare a guadagnarci, ma senza confrontarci con quello che è stato: per me è il primo anno, per la società il secondo, vogliamo essere protagonisti del nostro percorso".

È un sogno che si realizza? "Quando andai via nel 2017 ho pensato che sarebbe stato bello ritornare, non sapevo che sarebbe stato il 19 maggio 2023. Come mi hanno detto, non si può scegliere il giorno del proprio compleanno, questo per me è come un compleanno".

Pensava che la prima grande occasione sarebbe capitata proprio nella sua città?

"No, non pensavo che sarebbe stata Modena la mia prima piazza da primo allenatore, ma anche qui non potevo sceglierla io, dovevo solo farmi trovare pronto. Razionalmente ci ho pensato una notte, ma sapevo benissimo che non potevo dire di no a questa occasione".

Può raccontarci da dove viene?

"La mia carriera da giocatore è trascurabile, a sedici anni ho iniziato ad allenare all’Artiglio di Modena, e tre anni dopo mi ha chiamato il settore giovanile di Modena, poi assieme a Lorenzetti, Tubertini e Ciamarra ho fatto l’assistente allenatore a stretto contatto con la prima squadra e nel 2017 ho seguito Angelo a Trento".

Che ne pensa della squadra del prossimo anno?

"Assomiglia a quella che ho avuto a Trento in questi anni, con un’anima principale molto giovane assieme a tre giocatori fatti e finiti che avranno il compito di far capire ai giovani cosa sia la SuperLega".

Come si confronterà coi ‘vecchi’?

"Bruno lo conosco, ho già avuto il piacere di lavorare insieme a lui. Costruire relazioni è parte dell’essere allenatore, e questo è un compito che spetta a me, ma questi campioni sanno cosa vuol dire costruirla".

Che sensazione è stata quella dello scudetto con Trento?

"Ci sono diverse cose: la prima è personale, perché rimarrà per sempre che l’ultima cosa che io e Angelo Lorenzetti abbiamo fatto insieme è stato vincere uno scudetto. Poi c’è una quotidianità mai difficile".

Passiamo a una nota tecnica: focus sul costruire una linea di ricezione forte pur senza uno specialista?

"Non c’è il ricettore puro, è vero, mentre Ngapeth e Rossini erano due grandi ricettori, ma il cammino di Rinaldi lo scorso anno dimostra che si può fare un grande salto. Tutti e quattro i ricevitori hanno talento, non vedo un buco. La difficoltà sarà metterli insieme. Ci vorrà forse un po’ di tempo per Federici a entrare nel ruolo, ma ha capacità spiccatissime. Abbiamo poi diversi giocatori per cui la battuta è un punto forte".