Serramazzoni ha il suo ’Geppetto’: "Scolpisco il legno come terapia"

Emanuel, dopo la scoperta di una malattia ai reni, ha iniziato a intagliare tronchi: realizza elfi e gnomi

Serramazzoni ha il suo ’Geppetto’:  "Scolpisco il legno come terapia"

Serramazzoni ha il suo ’Geppetto’: "Scolpisco il legno come terapia"

C’era una volta un pezzo di legno, anzi no: un ‘guardiano del bosco’. Anche l’Appennino modenese ha il suo Geppetto. Dai tronchi nodosi di cipresso, dal durissimo olmo e dal resistente castagno, prendono vita figure di elfi e gnomi, volti che sbucano da un intrico di foglie e funghi. A scolpirli, anzi a "scoprirli" è la mano di Emanuel Gavioli, scrittore e scultore di Riccò di Serramazzoni. "Il segreto è ascoltare il legno, senza usare disegni di preparazione" racconta. Artigiano edile con il padre Sergio, Emanuel e le sue opere d’arte stanno conquistando sempre più ammiratori. Una mostra insieme ad altri artisti del Circol Art al Palazzo Ducale di Pavullo, alcune collaborazioni con la Pro Loco locale e soprattutto il passaparola di amici e appassionati (il suo profilo Instagram è @emanulgavioli). Nato a Bondeno di Ferrara nel 1983, Gavioli ha tre figli piccoli e vive immerso nella natura con loro e la moglie Cristina. Lo studio, proprio sotto casa, guarda la valle verso il castello di Monfestino, non lontano da Puianello.

I volti e le figure intagliati da Gavioli raccontano miti e leggende sul bosco e la natura selvaggia. Lui li chiama ‘i guardiani del bosco’.

Come ha iniziato a scolpire?

"Ho cominciato durante il lockdown. Purtroppo ho scoperto di avere una patologia rara ai reni, la malattia di Berger, e da quel momento la mia vita è cambiata. Sono stato molto male. Ho passato diversi mesi in ospedale.

Poi ho capito, come fosse una rivelazione, che non potevo più rimandare o rinunciare alle mie idee. La malattia è la principale motivazione per cui mi sono impegnato nella scultura. Mi è sempre piaciuto, ovviamente, ma pensavo di dedicarmi a questa attività una volta raggiunta la vecchiaia… Oggi non so se sarà così. Ma so che lavorare il legno, sentirlo vivere, cercare la magia che racchiude, mi fa sentire bene. Mi dà speranza".

Perché ha scelto elfi e gnomi, fate e creature del bosco?

"Forse sono loro che hanno scelto me. Io cerco soltanto di capire quello che è già tracciato nel tronco, il suo spirito. In questo mi aiuto studiando il carattere delle piante, passeggiando in silenzio nel bosco e raccogliendo un legno da terra per farne un vaso, un piatto, un mestolo. Oppure un totem. I folletti non sono spariti, come si pensa. Quando per la prima volta ho affondato la lama della sgorbia nel legno, sapevo di essermi messo alla ricerca di un volto amico".

Progetti futuri?

"Voglio dedicarmi anche alla poesia. Ho già pubblicato tre libri di narrativa, in passato. E mi sono impegnato anche nel complesso mondo del cinema come sceneggiatore. Nel legno ho trovato una terapia. Forse alla base di questa scelta c’è l’idea di poter lasciare un ricordo ‘solido’ a chi verrà dopo".

Matteo Giannacco