
Cyberbullismo, fenomeno allarmante
Modena, 23 marzo 2025 – ‘Bruciamola. Ha gusti orribili. Meglio vederla soffrire dissanguata. Fai schifo, ti odio, fai pena....’. Quanto può far male una parola? Ogni offesa, ogni commento negativo, ogni osservazione denigratoria per un adolescente possono rappresentare una profonda coltellata ma anche di più perché l’esclusione dal gruppo e le raffiche di commenti denigratori, soprattutto sui social, possono risultare fatali. La storia che vi siamo per raccontare, infatti, ovvero un caso di agghiacciante cyberbullismo nei confronti di una studentessa 13enne è ciò contro cui ogni giorno combatte Teresa Manes. Parliamo della mamma di Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo e cyberbullismo omofobo che si tolse la vita a soli 12 anni nel 2012. Il film che narra la sua storia, il ragazzo dai pantaloni rosa, è divenuto il messaggio più importante per le nuove generazioni, intrise di cattiveria. Generazioni che fanno paura. Marta, così la chiameremo, che oggi frequenta la terza media in una scuola modenese è stata vittima di odio su una chat in cui, paradossalmente, tutti possono insultare, denigrare, odiare liberamente senza essere individuati, senza indicare il proprio nome.
Parliamo di ‘Helopal’, che dà la possibilità di inviare e ricevere risposte anonime. E’ qui che Marta ha scoperto di essere da tempo bombardata di messaggi di odio, quasi di istigazione al suicidio da parte delle compagne di classe. Ragazzine, una in particolare, che pare avessero preso di mira l’adolescente poiché diversa dal gruppo di pari: con una vena particolarmente artistica, una passione importante per temi forse più profondi rispetto alla sua età e un modo di vestire più sbarazzino ma, soprattutto, senza una chiara identità di genere, proprio come Andrea. A spiegare la grande sofferenza patita da Marta, che oggi sta facendo un percorso per liberarsi dall’odio che le coetanee le hanno riversato addosso è la sua mamma.
“E’ accaduto tutto lo scorso anno – spiega la donna – mia figlia era convinta che quei messaggi indirizzati a lei, in cui veniva fatto il suo nome fossero stati scritti dalle compagne di classe e abbiamo scoperto che effettivamente la responsabile era proprio una di loro. Mia figlia ne era venuta a conoscenza poiché le amiche, a scuola, le avevano mostrato gli screenshot e glieli avevano mandati. Frasi contenenti offese pesanti come macigni” sottolinea la mamma. ‘Bruciamola. Meglio vederla morire dissanguata’ si legge nei messaggi inviati tra compagni in cui diversi rispondono: ‘Ovvio’. Coltellate profondissime per una ragazzina in cerca del suo spazio nel mondo. “Mia figlia l’ha vissuta malissimo, si è isolata dalla classe – racconta ancora la mamma –. Pian piano la cosa si sta risolvendo ma ancora non è coinvolta nel gruppo classe: ci vorrà tempo. Ci siamo accorti subito di ciò che stava accadendo perchè Marta era molto chiusa in se stessa; parlava pochissimo. Poi, pian piano si è aperta e ci ha fatto vedere questi screenshot. Mia figlia si veste in modo diverso, ascolta musica diversa e questo probabilmente ha influito. Ma non è stata accettata dagli altri probabilmente anche per una questione di ‘genere’”.
I genitori di Marta si sono quindi rivolti agli altri genitori e alla collaboratrice di classe. “Tutti sono stati molto collaborativi e ci hanno supportato ma, subito dopo, ci siamo rivolti alla polizia postale per sporgere denuncia. La denuncia non è andata avanti poiché la polizia postale ha preferito parlare direttamente ai ragazzi. Ora la situazione è molto migliorata”. Nei giorni successivi, infatti, gli agenti della polizia postale si sono recati nell’istituto scolastico e hanno parlato con i giovanissimi studenti. Hanno spiegato loro la pericolosità di questi gesti e il fatto che, seppur minori, ci sarebbero potute essere conseguenze. Oggi Marta guarda avanti ma le ferite che porta addosso, quelle inflitte dall’odio probabilmente non se ne andranno mai.