VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Arrestato per omicidio a Zocca: "Ero di Solidarnosc e per questo mi accusarono"

La difesa: "Fuggito dalla Polonia dopo la confessione estorta"

Piotr Turkiewicz, arrestato a Zocca giovedì

Modena, 4 febbraio 2017 - «Ero un militante di Solidarnosc e loro lo sapevano. Quando il mio amico ha ammazzato la sua fidanzata, essendo figlio di un importante ufficiale della polizia militare, mi torturarono per tre settimane affinché mi assumessi la responsabilità. Per evitare la pena di morte mi dichiarai colpevole». Se il suo racconto corrispondesse a realtà, il 51enne polacco Piotr Turkiewicz, arrestato a Zocca su mandato dell’Interpol per violenza sessuale e omicidio, sarebbe in realtà una vittima dell’ex regime caduto a inizio anni Novanta.

La ‘verità’ dell’uomo, che si era nascosto nel paese Appenninico da almeno dieci anni, lavorando come magazziniere ed elettricista e vivendo accanto alla fidanzata originaria proprio della Polonia, è emersa giovedì nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, andata in scena a Bologna, in corte d’Appello (competente per l’estradizione). Ora il suo avvocato – Francesco Murru, di Bologna – si è messo in contatto con un collega di Varsavia al fine di costituire un collegio difensivo affinchè in Polonia sia rivalutata la posizione del 51enne prima che possa essere estradato. La Polonia ha infatti 45 giorni di tempo per chiedere il provvedimento.

Ma andiamo per ordine. Giovedì i carabinieri annunciano l’arresto di un ricercato dell’Interpol, (mandato emesso nel 2005) accusato di aver ucciso a colpi di pietra, dopo averla violentata, una giovane nel 1985 in Polonia. L’uomo era riuscito a sfuggire alle autorità polacche utilizzando un passaporto contraffatto per poi ottenere una volta in Italia il permesso di soggiorno. «Lui si è difeso in lacrime, davanti al giudice, spiegando di essere finito in carcere ingiustamente – spiega l’avvocato Murru –, ed io andrà fino in fondo a questa storia».

In aula, infatti, Turkiewicz è tornato con la mente al 1985, raccontando: «Ero in un locale della provincia di Jeleniogorskie insieme alla mia fidanzata e ad un gruppo di amici. Io, come altri, facevo parte di Solidarnosc – sindacato libero che si costituì nella Polonia comunista nel 1980, messo ovviamente fuori legge dal regime cominista, ndr – ed era noto a tutti. Uno dei miei amici si allontanò litigando con la compagna e insieme sparirono fuori dal locale. Io tornai a casa dopo aver finito la serata con gli altri amici e la mattina seguente la polizia mi piombò in casa accusandomi di aver ucciso e violentato la fidanzata del mio amico. Fui arrestato e condotto in caserma, dove mi torturano per tre settimane e in tutti i modi; dalle botte all’essere lasciato in una stanza con le finestre spalancate, la notte, a 30 gradi sotto zero».

Il legale del 51enne spiega come i militari del regime comunista siano arrivati alla fine a minacciare anche la sua famiglia, tanto da indurlo a confessare un delitto non commesso. «C’è stata una sola udienza – ha raccontato l’elettricista – durante la quale mi hanno detto che se non avessi confermato la confessione mi avrebbero inflitto la pena di morte». Il legale fa presente quindi come Turkiewicz, dopo sei anni trascorsi in galera, nel 1991, approfittando di un permesso premio, sia quindi evaso, arrivando in Italia, prima a Bologna e poi a Zocca. «Mi sono ricostruito una vita facendo il magazziniere e l’elettricista, non pensavo che dopo 32 anni mi sarebbero venuti a cercare». L’arresto, da parte dei militari di Pavullo, è scattato dopo che i carabinieri hanno effettuato una verifica sul passaporto indicato come rubato. Un mese fa il documento è stato trovato appunto nell’abitazione del polacco. «Sarebbe potuto fuggire dopo la perquisizione – afferma l’avvocato Murru – eppure non lo ha fatto perché si proclama innocente».