La vita del Ghetto era di isolamento

L'articolo esplora la presenza ebraica a Pesaro dal 1200, con focus sul ghetto del '500 e le restrizioni subite fino alle leggi razziali del 1938.

La presenza ebraica a Pesaro si attesta sin dal 1200 ma subì un forte incremento nel ‘500, quando gli Ebrei fuggirono da Ancona dove era appena stato istituito il ghetto. Nel 1631 anche gli Ebrei pesaresi vennero confinati nel ghetto che corrisponde all’isolato delimitato dalle vie Castelfidardo, Levi Nathan, Di Ventura e Pellipario.

Qui vivevano in condizione di isolamento: le porte del ghetto erano aperte all’alba e richiuse al tramonto e durante la notte non era possibile né accedervi né uscire. Dopo il 1860 gli Ebrei riuscirono ad ottenere maggiore libertà, ma dal 1938 subirono gli effetti delle leggi razziali e furono sottoposti a sorveglianza e a rastrellamenti durante i quali alcuni furono anche arrestati.

All’interno del Ghetto, in via delle Scuole, erano presenti ben tre sinagoghe: una di rito italiano e due di rito sefardita. Le due di rito spagnolo sono state smantellate e oggi è possibile ammirare solo quella italiana, non più in funzione. Il fulcro di questo edificio, irriconoscibile dall’esterno poiché era proibito rendere visibili le sinagoghe, è la luminosa sala delle preghiere, luogo di commento delle Sacre Scritture, costruita seguendo i dettami della religione ebraica. Essa non era solo un luogo sacro, ma centro della vita comunitaria.

Giorgio Cecchini

e Martino Valentini

classe II