Il parco dello Zolfo in cortocircuito: scelto il direttore, ma lui non accetta

L’ente pubblico nato per valorizzare le miniere ha un’attività inesistente però spende 100mila euro in stipendi

Un’immagine storica della miniera di Perticara con i minatori e il proprietario

Un’immagine storica della miniera di Perticara con i minatori e il proprietario

Pesaro, 22 aprile 2023 – Il parco dello Zolfo , con sede a Pesaro, è un ente pubblico che ha una sua caratteristica ormai rara anche a Roma: non fa nulla. L’ultimo sussulto risale al 22 settembre 2022 con un convegno sugli Stati generali. Che non ha prodotto niente. Nel 2019, era stato eletto il nuovo consiglio direttivo e il presidente (sempre lo stesso dal 2005) fissando la loro scadenza per il 22 marzo 2024. Quindi, sarebbero decaduti eppure sono ancora tutti lì.

L’ente percepisce dallo Stato ogni anno 220mila euro, indipendentemente da quello che fa. Soldi che se ne vanno quasi tutti per pagare il personale (la cui attività è ignota) con un costo passato in due anni da 41.927 euro del 2021 a 84mila nel 2023 per arrivare ai 113mila nel 2024.

Il Consiglio direttivo è formato da 5 membri, poi c’è il collegio dei revisori con 3 professionisti, tre impiegate interinali, e un destino: non riescono a trovare un direttore generale. L’ultima volta, due mesi fa, è stata fatta una selezione da parte di un’azienda specializzata ed ha ricevuto venti candidature. Ne sono state scelte 5 dal consiglio direttivo e poi è stata individuata quella che sembrava giusta: Elisabetta Anna Castelli. La quale, appena ricevuto la bella notizia, ha risposto "grazie, ma non vengo di sicuro".

Nel frattempo, il consiglio direttivo del Parco ha varato con sprezzo del pericolo il bilancio di previsione 2024 azzardando una spesa in conto capitale di 888mila euro per acquisizioni varie e una spesa di esercizio per 333mila euro.

Scrivono allibiti i revisori dei conti: "Manca a fronte degli investimenti un cronoprogramma delle attività di spesa, attività necessaria ai fini della valutazione dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità dell’attività dell’Ente Parco visto che non risulta essere stazione appaltante".

E dicono anche un’altra cosa: "Ancora una volta si ribadisce la necessità di porre in essere, da parte del Parco, tutte quelle attività che consentano di attrarre finanziamenti extra Stato rilevato che non ha una vocazione a reperire fonti di finanziamento oltre alla dotazione ordinaria, sufficiente a malapena a coprire il costo del personale".

Afferma il consigliere regionale Giacomo Rossi: "In sostanza ad oggi il Parco, dopo aver speso diverse migliaia di euro per retribuire l’azienda esterna, la commissione di concorso e il relativo lavoro dei dipendenti, si trova ancora al punto di partenza. Tra l’altro - prosegue Rossi - non avendo inopinatamente formato una graduatoria, il Parco non può nemmeno chiamare altri candidati del concorso: un pasticcio a danno dei contribuenti marchigiani".

"Il mandato dell’attuale Presidente Evangelisti e di tutto il Cda del Parco - continua Rossi - è scaduto a marzo e il tesoretto del Parco, che sarebbe di oltre 2 milioni di euro, continua a restare nelle casse dell’ente e a non essere speso per lo sviluppo del territorio, tra cui l’area mineraria urbinate che dal 2019 non ha ancora mai ricevuto i fondi. Prima che il Ministero dell’Ambiente chieda la restituzione dei fondi inutilizzati, sarebbe opport uno che chi di dovere sblocchi questa incresciosa situazione e ridia la giusta dignità ad un ente che è nato per valorizzare il patrimonio delle miniere di zolfo marchigiano-romagnole e non per vivacchiare".