REDAZIONE RAVENNA

Abbattuto uccello protetto. Cacciatore assolto

Il collega, che stava sparando con lui, si è attribuito la paternità di quell’uccisione avvenuta in un chiaro di Mandriole.

La doppietta aveva abbattuto una volpoca (foto di repertorio)

La doppietta aveva abbattuto una volpoca (foto di repertorio)

Si chiama volpoca anche se gli appassionati di ornitologia lo conoscono pure come tadorna tadorna. È un uccello della famiglia degli anatidi: ma quel che più ci interessa ora, è che è protetto. Una questione mica da poco per due cacciatori di 72 e 71 anni sorpresi il 17 dicembre del 2022 in un chiaro di Mandriole con un esemplare di volpoca e uno di alzavola, un altro anatide ma cacciabile, appena abbattuti. E se il 71enne si era attribuito la paternità di quell’abbattimento ricorrendo a una oblazione - pagando esattamente 1.112 euro, aveva estinto il reato -, il 71enne, che abita a Sant’Alberto e che è difeso dall’avvocato Fabio Fanelli, ieri mattina al termine del rito abbreviato è stato assolto dal gup Andrea Galanti, come peraltro chiedeva lo stesso pm d’udienza Francesco Coco. Determinante si è rivelato il fatto che l’abbreviato fosse stato condizionato all’audizione del 71enne: e questi davanti al giudice ha tenuto il punto: quella Volpoca l’aveva abbattuta proprio lui.

I due cacciatori erano stati identificati dai carabinieri forestali verso le 17. In particolare due militari impegnati in un servizio contro i reati venatori, a un certo punto avevano sentito diversi colpi di fucile calibro 12 provenire da un chiaro. E così si erano appostati vicino al 71enne il quale aveva sparato altri 4 o 5 colpi. Dall’ altro appostamento, che si trovava a circa 70 metri, il 72enne aveva esploso un paio di colpi. Al loro intervento, i carabinieri avevano trovato i fucili da caccia dei due oltre alle munizioni. Ma ciò che aveva fatto finire nei guai i due cacciatori, era stato uno dei due uccelli poco dopo trovati al suolo nelle vicinanze degli appostamenti: la volpoca e la alzavola appunto.

Per i due era scattata l’accusa in concorso di violazione delle specifica legge del 1992 che fissa le norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio. Di fronte alla contestazione, mentre uno dei due aveva deciso di oblare, l’altro si era opposto al decreto penale di condanna pari a una ammenda da 500 euro: perché, ad di là della questione monetaria, le implicazioni avrebbero potuto interessare anche la licenza di porto di fucile da caccia rilasciatagli dalla questura ferrarese nel marzo 2029.

Nel processo, la Lipu si era costituita parte civile con l’avvocato Giuseppe Savini, ieri sostituito dal collega Simone Balzani.