
Eraldo Baldini e i conti col passato: "Racconto il dramma della guerra"
È in uscita il nuovo romanzo di Eraldo Baldini, ‘Le lunghe ombre fredde’, per Rizzoli. Per lo scrittore ravennate è un ritorno alla narrativa a distanza di quasi cinque anni dall’ultimo ‘La palude dei fuochi erranti’. "Non è un giallo, anche se sulla vicenda grava un angoscioso mistero. Non è un ‘gotico rurale’, anche se per la maggior parte è ambientato in una zona rurale e ‘selvatica’. Non è un noir anche se la vicenda nasce e fa costante riferimento a una delle pagine più nere della storia". Così, aveva scritto qualche settimana fa sui suoi profili Facebook per anticipare ai lettori la novità.
Baldini, dopo tanti saggi con una media di due all’anno, un romanzo. Com’è stato questo ritorno alla narrativa?
"Tra le due parti del mio lavoro c’è una sostanziale differenza: per la saggistica ho tanti materiali raccolti nei decenni, per la narrativa invece c’è bisogno di una buona idea. Nel tempo sono diventato più selettivo, anche perché le buone idee sono per me rare. C’è poi da dire che, con l’avanzare dell’età, l’impegno di un romanzo è più lungo e faticoso. In questa nuovo lavoro ho tenuto a curare particolarmente il linguaggio, affinché fosse evidente il mio stile".
Come le è venuta l’ispirazione per la storia di Fausto e Birgit che mettono su famiglia dopo essere stati entrambi prigionieri del campo di concentramento di Mauthausen?
"Coltivavo da tempo questa storia che, per chi come me è nato negli anni Cinquanta, fa parte di ciò che si raccontava in famiglia, in paese, visto che la memoria della seconda guerra mondiale era ancora molto viva. Una memoria che in realtà non è scomparsa neanche oggi perché ha fortemente segnato la storia della comunità".
Il suo è un romanzo che parla dei postumi della guerra piuttosto che della guerra stessa?
"Sì, volevo spiegare perché certi traumi lasciano conseguenze che durano per generazioni, e volevo raccontare quanto per i reduci di quella terribile esperienza sia difficile liberarsi del peso di dover fare i conti con il passato. Un passato gravoso non solo resta presente ma è anche difficile da condividere, spesso è un fardello che non si può svelare del tutto".
Fausto e Birgit, ex soldato italiano lui, ex detenuta politica tedesca lei, vivono in una zona non precisata del Basso Delta, una quotidianità tranquilla con i loro due figli. Poi però l’equilibrio viene spezzato da segreti per troppo tempo relegati nelle stanze di una memoria ferita…
"Sì, e questo sconvolge l’equilibrio della famiglia e della comunità, ma di più non posso svelare. Un altro tema è quello della loro difficile integrazione in un paese che li vede forestieri, perché lei soprattutto è bionda e parla il tedesco con i bambini. Anche la possibilità di diventare parte di una comunità, significa fare i conti con il passato".
Questo è il suo secondo romanzo con Rizzoli, dopo vent’anni con Einaudi. Una scelta?
"Dopo che è venuto a mancare il mio editor storico Severino Cesari, ho provato il cambio di etichetta visto che Rizzoli si era già offerta di pubblicare tre miei volumi nella collana Bur. Ma in fondo, non cambia poi molto, sempre Mondadori è". Presto partirà con il tour di presentazioni?
"Come di consueto, la prima sarà a San Pancrazio dove sono nato e cresciuto, il 19 aprile. A Ravenna, l’occasione sarà ‘ScrittuRa Festival’ il 16 maggio. Poi farò qualche data in regione, mentre fuori è da tutto da vedere perché a 71 anni e con un mare di acciacchi, è tutto più faticoso. A ogni modo sui social ho 12mila amici e, dopo 40 anni di lavoro e 70 libri, ho ormai il mio zoccolo duro".
Roberta Bezzi