Ivano Marescotti morto, il dolore della moglie: "L’incontro a Bologna. Poi il corso e l’amore Ivano era unico"

Erika Leonelli racconta la storia con l’attore e regista. E ora pensa all’Accademia e allo spettacolo del 16 aprile

Ravenna, 28 marzo 2023 – “Devo essere forte e gestire il dolore". Erika Leonelli, moglie di Ivano Marescotti dal marzo dello scorso anno, non piange. Dai pochi istanti di silenzio tra i ricordi, si comprende quanto sia difficile il momento che sta attraversando. "Ivano mi sta dando la forza – dice –. Gli ultimi dieci minuti sono stati i più intensi e intimi della nostra relazione. Un momento unico, bello e speciale che mi conforta".

Marescotti con la moglie Erika Leonelli dopo il sì all’Ecomuseo delle Erbe Palustri
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Erika, quante parole servono per definire Ivano Marescotti?

"Tantissime. Ivano era un uomo libero, di pensiero e di azione. Questa è stata la cosa che più mi ha colpito di lui, in questa libertà si è costruito e fondato il nostro grande amore. Integro. Umano. Generoso. Geniale. Semplice. Autentico. Diretto. Determinato. Professionale. Tragico e comico allo stesso tempo. Acuto. Curioso. Intelligente. Gentile. Immenso e unico".

Vi siete incontrati durante un corso dell’Accademia Teatro Marescotti, lei allieva e lui maestro...

"Il nostro incontro è stato molto più romantico e karmico. Nel 2012, io passeggiavo in via Lame a Bologna sotto i portici, lui passeggiava nella posizione opposta. Ammetto che non conoscevo Ivano per tutte le sue apparizioni cinematografiche e teatrali ma mi accorsi di come lui mi guardava e quindi ci scambiammo un grande saluto di intesa. Passammo l’uno accanto all’altra, tenendo dentro di noi questa strana sensazione. Anni dopo facevo già teatro e decisi di fare le 100 ore con Marescotti. Al termine dell’anno accademico fu lui a farsi avanti. Nel frattempo era terminato il precedente matrimonio. Da li è nato tutto e subito ci siamo ricordati del nostro incontro di anni addietro. E dopo cinque anni abbiamo deciso di sposarci".

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Com’è stato vivere accanto a uno degli attori più amati della Romagna e d’Italia?

"Io posso dirvi come è stato vivere accanto all’uomo Ivano Marescotti. Lui mi diceva sempre che non aveva avuto nessuna vocazione per diventare attore, semplicemente ci si è trovato e se erano capaci gli altri poteva farlo anche lui. In realtà Ivano è nato attore il talento gli apparteneva, solo che lui era umile e timido e non so quanto si sia permesso di riconoscerselo. Non ci si annoiava mai con lui, era un uomo dotato di grande intelligenza e curiosità. Ma la nostra vita alla fine era fatta di autenticità e semplicità, ci piacevano le stesse cose. Siamo due solitari, contemplativi, silenziosi e allo stesso tempo amanti della vita e della bellezza".

Un anno fa vi siete sposati. Quanto è stata pensata la decisione del matrimonio, mettendo in conto la differenza di età e quanto poteva succedere?

"L’età è per i giornalisti un’informazione rilevante. Ma domando io a voi: l’amore ha età? In realtà io non ero proprio una sbarbina: avevo 44 anni, con una figlia e tanta vita intensa vissuta, quindi un’adulta, aldilà della differenza di età. E lui un uomo senza età. Quindi abbiamo deciso di sposarci perché ci amavamo, perché quando in età adulta si fa questa scelta la si fa perché si è compreso come funzioniamo, chi siamo e cosa desideriamo. Tra me e Ivano c’è un grande amore, autentico e un’affinità di anima".

Il rito che ha sancito la vostra unione è stato pronunciato in dialetto. Una scelta in cui traspare l’amore di Marescotti per la sua terra. Che eredità lascia ai romagnoli?

"Ivano lascia una grande eredità a tutti di potersi riconoscere con le proprie origini. Il legame con la nostra terra, quel sapore tragicomico che è presente in noi romagnoli. Io stessa sono romagnola, i miei nonni hanno origini contadine, sono legata alla terra. Non parlo il dialetto perché sono di quella generazione, come diceva Ivano, che lo capisce ma non lo parla".

Qualche anno fa, Marescotti ha fondato Tam, scuola di teatro per aspiranti attori, ora trasformata in Accademia Marescotti. L’attività didattica ripartirà a novembre. Chi ne raccoglierà il testimone?

"Quello di Tam è un progetto che abbiamo iniziato insieme e che intendo portare avanti. Ivano era il maestro, io quella che organizza e risolve i problemi. Per questo sono alla ricerca di un team in grado di portare avanti il messaggio di Ivano. Il 16 aprile prossimo, al teatro Socjale di Piangipane, debutterà la compagni teatrale del Baccano, la nuova associazione fondata a inizio mese. Lo spettacolo uscirà con la regia al 90% di Ivano e al 10% dei ragazzi che hanno lavorato nell’ultima settimana in cui lui non c’era. È il suo ultimo lavoro. Ivano sarà lì con loro".

Nel suo celebre monologo sulla Romagna, Marescotti esclude i luoghi che si possono definire Romagna, usando l’interlocuzione “S’un foss…”. Se potessimo ancora sentire la sua voce, cosa metterebbe dopo quel “S’un foss…” adesso?

"Ve lo dico in italiano, non parlo il dialetto ma avrebbe detto “Se non fosse stato per questo cancro sarei ancora qui perché morire adesso che ho comprato un paio di occhiali nuovi mi tira il culo”. Gli occhiali sono una metafora ma sì, Ivano e io avevamo tanti progetti da realizzare".