Sedicenne annegato, il papà: "Gli avevo detto di non andare al fiume"

Mezzano, l’uomo si dispera di fronte al cadavere

La disperazione del papà di Emmanuel (al centro)

La disperazione del papà di Emmanuel (al centro)

Ravenna, 27 luglio 2015 - «Gli avevo detto di rimanere a casa, ma lui mi ha detto di no». Sono le parole di un padre a cui i carabinieri hanno appena dato la peggiore delle notizie. Il figlio 16enne è da poco affogato nel fiume Lamone, dopo un bagno come aveva fatto tante altre volte. Si chiamava Emmanuel Omouigui, un giovane ragazzo di origini nigeriane, ma che da quattro anni si era trasferito nel Ravennate al seguito del padre, con una vera passione per le nuotate in quel tratto di fiume che si trova poche centinaia di metri dopo il ponte di Mezzano.

Anche ieri pomeriggio aveva deciso di recarsi a fare un bagnetto. Dalla sua casa di Alfonsine prende la bici, si mette in spalla lo zaino e si dirige verso il ponte. In quel piccolo spiazzo affacciato sull’acqua, nascosto da una fitta vegetazione, lui e suoi amici spesso si danno appuntamento per stare insieme. Quando arriva alcuni compagni sono già li che chiacchierano e si divertono. Ma Emmanuel aveva voglia di immergersi e così si tuffa nel Lamone. Inizia a nuotare beato e scherza con i suoi amici. Risale dall’acqua, ma non è ancora soddisfatto. Vuole fare un’altra nuotata prima di mettere pantaloncini e maglietta e dirigersi verso la Festa della birra di Mezzano, dove aiutava gli organizzatori come volontario. Quella decisione di tornare in acqua, però, gli sarà fatale.

Dopo pochi istanti probabilmente inizia a sentirsi male proprio al centro del fiume, dove la profondità arriva a toccare anche i quattro metri, e chiede aiuto ai compagni sulla riva. «Pensavamo stesse scherzando – gridano con la voce rotta dal pianto gli amici –. Lo aveva fatto altre volte».

Ma quando il suo volto scompare sotto il pelo dell’acqua capiscono che la situazione è più grave. Una delle ragazze prova a utilizzare la corda dei pescatori che congiunge le due sponde del fiume per provare a cercarlo, ma demorde quando capisce che non sarebbe mai riuscita a trovarlo. Parte così la chiamata con la richiesta di aiuto. Sul posto arrivano i sommozzatori dei Vigili del fuoco, l’ambulanza e i Carabinieri.

Le forze dell’ordine iniziano a setacciare il fondale limaccioso del Lamone.

Una ricerca durata oltre mezz’ora, che si conclude con il più amaro dei responsi. Quando i Vigili trovano il corpo del 16enne a soli 20 metri di distanza da dove si era tuffato, per lui, non c’era più nulla da fare. Di fronte alla bara della Polizia mortuaria che risale l’argine del Lamone il padre, che quando arriva in macchina sbatte i pugni sul volante della propria auto, come se avesse già capito tutto, e lo zio di Emmanuel scoppiano in un lungo pianto e non smettono di gridare. Anche gli amici che erano con lui sono costretti a sedersi per terra. Che cosa sia accaduto al cuore del ragazzo, però, è ancora presto per saperlo, anche se il responso sembra propendere per un malore.